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«L'80% non gioca più all'aria aperta»

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Perquelli nati fino agli anni '70 era acora l'epoca del marciapiedi sgomberi di auto e moto. Di viali tranquilli dove disegnare con il gessetto la Campana, divertirsi a nascondino e ai quattro cantoni negli ampi cortili dei condomini prima che fossero adibiti a parcheggi di motocicli oppure a giardini incalpestabili. Tutto cambia. Il modo di giocare e di socializzare ma forse, oltre al rimpianto di chi non ha più l'età dell'innocenza e dello svago, è utile ragionare sul modo per riavvicinare tutti, grandi e piccoli, alla ricerca del gioco perduto. Meglio in uno spazio all'aperto. Un valido allenamento per riconquistare il piacere di giocare all'aperto, allenando corpo e mente anche l'iniziativa odierna dei «Giochi di Strada» che coinvolgerà stamani ai Fori Imperiali migliaia di famiglie. Ritorno al passato? Forse. E addirittura necessario. Perché quella che potrebbe sembrare la naturale evoluzione della vita moderna è uno dei motivi alla base dei disagi degli adolescenti di oggi: abuso di alcol e droghe, suicidi, bullismo, potrebbero essere spiegati anche dal fatto che «ai nostri piccoli manca oggi la libertà di movimento e il tempo libero». Ad affermarlo è stato Francesco Tonucci, responsabile dell'Istituto di scienza e tecnologia del Cnr e del progetto internazionale «Città dei bambini», intervenendo nella Capitale al 66esimo Congresso della Società italiana di pediatria (Sip). «Le città italiane, e specialmente le buone città - ha detto l'esperto - fanno molto per i bambini: dedicano all'infanzia notevoli risorse economiche e umane, ma non rispondono alle loro reali esigenze. La città prepara infatti per i bambini spazi separati e specializzati come giardinetti, ludoteche, parchi tematici e tutte le proposte educative. Sempre spazi protetti e vigilati da adulti. La scuola occupa buona parte del tempo quotidiano con le ore di classe e con i compiti per casa. La famiglia impegna il tempo rimanente "regalando" ai figli le scuole pomeridiane di sport, di lingua o di attività creative, ma pur sempre scuole. Il tempo che rimane viene trascorso davanti a uno schermo». In altre parole, «nelle nostre città stanno scomparendo il tempo libero e il gioco spontaneo - prosegue Tonucci - i bambini non si vedono più per strada. L'80% non gioca più all'aria aperta». Ecco perché occorre ripensare la politica delle città, restituire ai bambini l'uso della città come spazio pubblico. «Credo che la differenza più importante fra l'essere bambino ai miei tempi - ha evidenziato l'esperto nel suo intervento - è oggi la scomparsa del tempo libero. La possibilità di uscire di casa da soli per incontrarsi con amici, scegliere con loro un gioco e un luogo adeguato. Vivere insieme, anche se all'interno di un giusto confine di regole dettate dalla famiglia, le esperienze dell'avventura, della scoperta, del rischio, e non vedere l'ora di tornare a casa per raccontarle. Mentre i nostri genitori non c'erano noi potevamo approfittare per crescere, imparare, prepararci a vivere». Invece, «non potendo vivere esperienze autonome - ha spiegato lo studioso - i bambini non conoscono l'esperienza dell'ostacolo, del rischio, della frustrazione, del successo, nei tempi e nei modi giusti. L'assenza di queste esperienze "forti", impossibili alla presenza di adulti vigilanti, produce un accumulo di desiderio che potrà realizzarsi solo quando i bambini non saranno più bambini, ma adolescenti. Quando avranno per la prima volta la chiave di casa in tasca o un motorino sotto il sedere». Secondo l'esperto del Cnr «gran parte di quelli che oggi consideriamo i drammi dell'adolescenza non sono problemi dell'adolescenza, ma conseguenze di errori educativi nell'infanzia. Chi non ha potuto fumare di nascosto ha più facilità a subire il fascino dello spinello, chi non ha potuto sbucciarsi le ginocchia in bicicletta è più facile che subisca incidenti gravi in moto». Ce n'è di che riflettere. S.N.-C.T.

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