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Quel gioiello di un Villino rinnegato dal suo architetto

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GiuseppeGrifeo È in vendita, è un piccolo angolo di Roma che evoca visioni antiche, una piccola fetta di Medioevo riportata al presente. È il Villino Giannini in via Antonio Musa, a poca distanza da Villa Torlonia e dalla Nomentana, palazzetto che è fra i simboli di un momento importante della storia architettonica della città. A guardarlo con le sue merlature e la torre con finestre a sesto acuto, sembra ricordare un paesaggio da pellicola del genere fantasy. Dove ogni prodiglio può accadere, invece è una costruzione del 1910 quasi nascosta alla vista dal verde di una grande magnolia sovrastata da un altissimo pino. L'edificio, la cui vendita oggi è curata da una grande agenzia, rispecchia le tendenze architettoniche in voga agli inizi del Secolo Breve. All'alba di un periodo dove convivevano atmosfere diverse e la Capitale cresceva oltre le Mura Aureliane. Sulla Nomentana, parchi e viali alberati fungevano da intermezzo a ville dal gusto particolare dove abitavano signore dai grandi cappelli e preziosi quanto discreti gioielli della vecchia nobiltà, o i nuovi accademici, gli uomini d'affari in cilindro e bastone, quando solo carrozze e cavalli rompevano il silenzio, un tempo naturale, di quelle strade. Uno sguardo preciso e attento a questo periodo e alle sue espressioni architettoniche lo ha dato Irene de Guttry autrice del volume «Villini di Roma» che lo colloca come espressione dello stile eclettico. Qui a Roma il Villino Giannini nasce grazie all'ingegno dell'architetto Luigi Figà Talamanca dietro commissione del Capitano Carlo Giannini, proprietario del lotto fra via Musa e via Spallanzani. Il Capitano voleva una grande casa, che facesse parlare della famiglia e che lasciasse il segno ai futuri discendenti. Da militare diede indicazioni precise all'ideatore del progetto il quale lo realizzò a malavoglia e, a lavori finiti, non ne rimase soddisfatto. «Non gli piaceva. Dava la colpa proprio al committente», sottolinea Alessandro Figà Talamanca, nipote di quel Luigi nonché matematico e professore al Dipartimento «Guido Castelnuovo» de La Sapienza. «Me lo raccontava anche mio padre ogni volta che passavamo davanti al villino per andare a trovare la nonna materna che abitava poco lontano - continua il docente - Nonno Luigi si lamentava che gli avevano commissionato un palazzetto che doveva essere troppe cose e troppo grande per quel piccolo terreno di terra triangolare. I Giannini volevano il massimo e chiesero a mio nonno che l'edificio desse l'impressione di un castello medievale: un lavoro pazzesco». Ma Luigi Figà Talamanca era abituato alle sfide. Era stato coprogettista del Palazzo della Zecca in via Principe Umberto, all'Esquilino. E raccolse la sfida del Capitano. «Fece altri villini – continua il nipote – Ad Anzio dovrebbe esserne rimasto uno a forma di moschea con minareto. Fu autore anche delle decorazioni della Sinagoga di Roma». E ancora Talamanca progettò il parco della musica al Pincio (oggi non c'è più) e il Pincetto del Verano. Se l'architetto non fu soddisfatto della costruzione lo stesso non può dirsi del Capitano che lo abitò per tutta la vita. Magari compiacendosi del bel lavoro realizzato. Tuttavia, a dispeto degli stili, il Villino Giannini è iscritto nel registro storico dei beni architettonici. Dalla scheda tecnica viene fuori un vero "pastiche" di elementi senza tempo che hanno dato un senso di magie all'opera. I tanti elementi decorativi e le grandi dimensioni ne fanno un luogo suggestivo quanto misterioso. «Dai libri contabili di mio nonno – continua Figà Talamanca – leggo che il lavoro gli fu pagato 2500 lire. Una cifra cospicua per mio nonno che come architetto del Comune di Roma guadagnava 348 lire al mese». Nel corso di oltre un secolo il Villino Giannini ha cambiato molti inquilini, attualmente è dei fratelli Galateria che lo hanno messo in vendita. Andarono a vivere nel castelleto intorno al 1960 quando il padre, professore alla Sapienza, cercava casa vicina all'Ateneo. Una casa non comune e chiunque la acquisterà potrà possedere un angolo importante di storia romana.

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