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Calore ucciso dal branco

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Sergio Calore in una foto d'archivio

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Circa trenta colpi di piccone alla schiena e uno soltanto sulla parte anteriore del corpo, alla gola, squarciata quasi da parte a parte. Potrebbe essere stato vittima di un branco Sergio Calore, l'ex terrorista nero (tra Nar e Ordine nuovo) ucciso l'altra pomeriggio in un casolare diroccato nelle campagne di Guidonia Montecelio, trovato dalla moglie. È una delle piste battute dai carabinieri del Nucleo investigativo del Gruppo Frascati e della Compagnia di Tivoli che indagano sul brutale omicidio. L'ipotesi è saltata fuori ricostruendo con il medico legale la mappa delle ferite. L'elevato numero e la zona delle lesioni, infatti, farebbero ritenere che ad uccidere non sia stato uno soltanto ma almeno due, scaricando una furia assassina per ora senza movente. Quello di matrice politica è il meno accreditato. Un odio tra vicini non convince. La rapina sembra il più verosimile, anche se il più assurdo: con sé Calore aveva un cellulare e un portafogli e sono spariti tutti e due. Il bottino appare di poco valore per "giustificare" una violenza così cieca. Ma fatti di cronaca cruenti e scellerati non mancano. L'ultimo a settembre, quando sei romeni hanno seguito un barista di 63 anni, da Santa Maria Maggiore alla Magliana, ridotto in fin di vita a calci e pugni per 60 euro e un comune orologio. Stando alla possibile ricostruzione dei fatti, l'altro ieri alle 15 circa Sergio Calore entra nel casolare di proprietà della suocera. Ci andava ogni tanto per coltivare poche piante da pomodoro e altri ortaggi. Mentre sistema gli attrezzi viene colpito alle spalle con un piccone che l'assassino trova lì. Forse l'omicida si trovava già nella costruzione, oppure si è infilato per seguire la vittima. Il primo colpo di piccone è alla testa. L'ex terrorista cade a terra tramortito. Poi ne seguono altri, sempre al capo. Ed è questo punto che sulla scena del delitto si immagina la seconda persona. Mentre uno infierisce alla testa, l'altro, sempre con un attrezzo da campagna, affonda sulla schiena, dove pochi istanti dopo si accanisce anche il primo. I due colpiscono una trentina di volte. Una enormità. Alla fine, per verificare se il poveretto è morto davvero, voltano il corpo e sferrano il colpo finale, alla gola. La ricostruzione è solo una ipotesi. I carabinieri ne vagliano anche altre, con la stessa attenzione.

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