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Con i tempi biblici di Roma, soprattutto in campo urbanistico, non è certo facile fare quel che fece l'architetto Haussmann a Parigi, anche se, nella Capitale, è la periferia e non il centro a dover essere ripensata e abbattuta.

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Allorachiediamo al sindaco per l'ennesima volta, perché, sulla questione grattacieli, invece di esprimere un concetto altrettanto chiaro (sì facciamoli; no, non si può) ha ipotizzato un referendum per sapere che ne pensano i romani. Può esistere una periferia supermoderna, che nello stesso tempo vuole salvaguardare il primato di Comune agricolo più grande d'Europa, senza grattacieli? Ora mettiamoci pure che Alemanno non è Napoleone III; che il decreto legge su Roma Capitale - sarà approvato nel 2011 - pur dimezzando i tempi della programmazione urbanistica non consegnerà al primo cittadino la bacchetta magica; che a Roma ci sono voluti anni per decidere come mettere sotto teca l'Ara Pacis, ecco allora che «il modello Parigi» chiamato in causa da Alemanno, dove l'amministrazione ha il coraggio di far convivere anche in pieno centro storico il vecchio e il nuovo, il classico e il moderno, sembra ancora un sogno. Molto lontano. Quasi quanto due punti misurati da un capo all'altro di Roma, una città, per estensione, 12 la Ville de Paris.

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