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Dietro il rogo il racket delle baracche

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Racket delle baracche e prostituzione. Dietro la tragedia dell'altra notte nell'insediamento abusivo di via Morselli, alla Magliana, si nascondono i traffici della mala rom. È una malavita che fa paura e non ha scrupoli. Lì come altrove, gestisce i casotti di lamiere come villaggi vacanze: 200 euro al mese d'affitto, 30 per un cartone dove sdraiarsi. E sfrutta pure le persone, per l'elemosina, oppure le ragazze, anche minorenni, costrette a prostituirsi nella Roma di notte. Ieri mattina, quattro di loro (una di 17 anni, in Italia senza parenti, non accompagnata, incinta, già entrata 21 volte nelle strutture pubbliche di sostegno alle ex prostitute) sono state portate via dagli investigatori del Gruppo Sicurezza sociale urbana del comandante Antonio Di Maggio, a capo anche dell'VIII Gruppo della Municipale nel difficile quartiere di Tor Bella Monaca. Per la mala i rom sono un affare. Quindi quando capita qualcosa in un campo sorto dal niente, come quello alla Magliana (anche se era lì da cinque anni, parzialmente sgomberato un anno fa) la malavita entra subito in azione. Manda un suo gregario sul posto per far sapere a tutti che non c'è problema: i rom possono andare in un altro insediamento, sempre gestito dal clan. Ed è quello che è successo pure ieri. Un tizio di 39 anni, un certo Mihai, con precedenti penali nel 2003 per estorsione su baracche ed elemosine, e in Romania per furto, la mattina si è presentato aizzando la sua gente perché protestasse, si lamentasse comunque fossero andate le cose. E l'operazione è riuscita. I vigili urbani di Di Maggio, insieme coi colleghi del XV Gruppo del comandante Raffaella Modafferi, competente per zona, coadiuvati dagli operatori della sala operativa sociale e sotto lo sguardo del delegato alla Sicurezza del Comune, Giorgio Ciardi, hanno organizzato il trasferimento in pullman dei rom a un centro di accoglienza del Comune. Nella notte, i carabinieri della Compagnia Eur, che indaga sul rogo, coordinati dal capitano Dario Conte, avevano contato quaranta baracche e 80 persone. Dopo l'arrivo del pullman ci sono stati i primi fuggi fuggi. Qualcuno ha preso fagotti e carrelli e se l'è filata. Per cui sono diventati 74: 57 adulti e 17 minori (di cui appunto una non accompagnata). Avevano cominciato a mettere le cose nel bagagliaio, poi è arrivato Mihai. Ha cominciato a dire: «Diritti, diritti». Il comandante Di Maggio ha capito subito la mossa. Con lui c'era anche il consigliere dell'ambasciata romena, Marian Mandroc. Risultato: molti rom hanno ripreso le loro cose dal pullman e hanno seguito Mihai. Sui sedili c'erano 74 rom, alla fine ne sono rimasti 41, soprattutto donne e bambini, portati sulla Salaria. A un certo punto della giornata non si trovavano neppure i genitori del piccolo Mario Firu, di 3 anni, morto nel rogo, e del fratellino di tre mesi Marco Giovanni, ustionato sul 40% del corpo, ricoverato in terapia intensiva. Erano spariti dal policlinico Gemelli. Poi nel pomeriggio il padre Marian e la mamma Emilia Parinescu, di 23 e 21 anni, si sono rifatti vivi, in lacrime, anche se ieri sera ancora non sapevano che uno dei lori piccoli è deceduto. Stavano alla Magliana da circa quattro mesi, provenienti da Brescia. «Quando ci siamo accorti che la nostra casa andava in fiamme siamo scappati fuori dalla baracca prendendo in braccio Marco Giovanni. Poi - continuano - istintivamente abbiamo pensato di rientrare per tirare fuori Mario, ma non ci siamo riusciti. Era impossibile, ormai la baracca era completamente avvolta dalle fiamme. Allora lo abbiamo cercato invano fino all'ultimo nel campo, sperando che fosse scappato prima di noi». I carabinieri e gli esperti del Nucleo investigativo antincendio dei vigili del fuoco, sospettano che a scatenare l'inferno sia stata una candela. I due genitori, rimasti leggermente feriti, confermano: «Le tenevamo sul pavimento per evitare che i topi mangiassero i nostri vestiti». La Procura di Roma ha aperto un fascicolo contro ignoti per omicidio e incendio colposi. Il Comune pagherà i funerali del piccolo Mario.

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