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Capitale franchising

Fast food, anche loro nel ciclone franchising

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L'attività la gestisco io, ma non è mia. Ho i miei dipendenti, ma non sono io a formarli. Devo guadagnare sì, ma l'unico obbligo vero è quello di versare un canone all'azienda (il franchisor) che in cambio mi concede la possibilità di usare il suo marchio, i suoi prodotti o servizi, l'assistenza tecnica e il metodo operativo di gestione dell'attività. I costi se li accolla l'azienda insieme a quelli di diffusione del marchio e di formazione del personale, così come i rischi di impresa. È il franchising, una formula commerciale ormai nota, ma che con la crisi sta tornando a far parlare di sé grazie alle ottime performance registrate anche nell'ultimo anno. Mentre le "comuni" attività commerciali faticano a far fronte alla crisi dei consumi e chiudono a migliaia ogni anno, quelle in franchising non solo resistono, ma migliorano il giro d'affari. L'ultimo rapporto franchising Italia 2009, a cura di Assofranchising, lo conferma: 1,7% in più di fatturato nel 2009 rispetto al 2008 per un giro d'affari complessivo di 21.774 miliardi di euro. Il Lazio è la seconda regione italiana per numero di insegne in franchising (dopo la Lombardia) con 97 brand su un totale delle reti italiane pari a 838. Non è un caso se a Roma, città dove a crescere sono soprattutto le attività in franchising di servizi, a prendere il posto dei negozi che chiudono, conferma la Confesercenti provinciale, sono sempre più spesso noti marchi in franchising. L'ultima novità per chi sceglie di aprire un'attività del genere è la panineria. Un brand oggi tra i più innovativi, a investimento non troppo elevato, ma con una buona garanzia di successo, che trova la sua dimora quasi naturale nel centro storico, zona ad alto tasso turistico. Ma ci sono anche agenzie immobiliari, di servizi e consulenza, di viaggi, alimentari e di abbigliamento. Un universo di marchi più o meno noti che crescono di numero ogni anno e attraggono soprattutto imprenditori giovani. Proprio loro sono infatti i protagonisti, oggi, di questa formula commerciale. «Le opportunità di lavoro per i giovani si basano su un'ampia scelta di format e sul basso investimento iniziale richiesto da molti franchisor - spiega Italo Bussoli, segretario generale di Assofranchising - in particolare per il mondo giovanile stiamo assistendo al proliferare di negozi in franchising attivi sul web: dall'agenzia di comunicazione all'assistenza alle compravendite su ebay, ma anche marchi food a ristorazione rapida o a tema». Basso rischio di impresa (eventualmente anche di investimento) e brand già avviato è dunque l'attrattiva maggiore per chi vuole avviare una simile attività, che resta comunque indipendente, ma può godere ogni istante del supporto dell'azienda madre. Si diceva dell'investimento. Si parte da un minimo di poche migliaia di euro per aprire, ad esempio, un negozio di parrucchiere in franchising, ad un massimo di 900.000 per un Mc Donald's. La forbice di prezzo varia, è naturale, dalla notorietà che un determinato marchio ha acquisito sul territorio e quindi dalla sue garanzie di successo. Più difficile che un'attività in franchising fallisca rispetto ad una "normale", anche se il rischio è più elevato nel caso di marchi non troppo noti o in via di affermazione. Comunque si tratta di una bella sfida per chi vuole liberare la sua creatività di imprenditore senza accollarsi troppe responsabilità.

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