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Antonio Sbraga Si chiude un'emergenza e se ne apre un'altra negli ospedali della Asl Rm G, dove la scadenza dei contratti di diciassette tra medici e infermieri, rischia ora di scoprire gli organici già carenti dei sei nosocomi.

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Mail contratto è terminato. Al San Giovanni Evangelista di Tivoli e al Parodi Delfino di Colleferro, di fronte all'aggravarsi della carenza di personale, è stata adottata una misura drastica: l'accorpamento dei reparti di Otorinolaringoiatria e Chirurgia. E altre coabitazioni obbligate potrebbero profilarsi all'orizzonte, con il nido per i neonati e Ostetricia, che rischiano di finire accorpate a Colleferro. Dove la situazione più delicata è proprio nel reparto di Pediatria in cui, nel maggio del 2009, confluirono parte dei cinque medici e dei dodici paramedici assunti dalla Asl Rm G per il piano di prevenzione contro l'influenza A. I diciassette contratti a tempo determinato sono scaduti nei giorni scorsi e dalla Regione Lazio si è atteso invano il via libera per il loro prolungamento. Mancano i fondi e l'azienda sanitaria non è in grado di provvedere neanche alle sostituzioni nelle corsie: nei giorni scorsi ha inviato i telegrammi agli infermieri in attesa ancora in graduatoria. Ma per ora ha potuto acquisire soltanto la loro disponibilità. Per la sottoscrizione dei contratti serve il nullaosta regionale, che la Asl attende dallo scorso novembre anche per il semplice passaggio di sette infermieri dichiarati idonei con un'apposita selezione interna. «Ai diciassette medici e infermieri non sono state corrisposte neanche le indennità previste per chi è chiamato a lavorare in ambienti isolati», spiega Vittorio Iannotta, coordinatore della Federazione dei sindacati indipendenti. A Tivoli intanto prosegue la raccolta di firme per chiedere rinforzi per il reparto di Ematologia, dove è rimasto un solo medico dei tre in servizio fino ad alcune settimane fa. Prima assicuravano 500 esami al mese, adesso non si va oltre i 150. La Cisl ha chiesto una «revisione delle forze lavoro» nei più piccoli ospedali di Palombara, Zagarolo e Palestrina per cercare di convogliare medici e infermieri nei reparti tiburtini, a cominciare dall'unità di terapia intensiva cardiologica dove le «gravi carenze hanno lasciato un solo posto letto».

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