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E la mafia gialla è già storia

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.Ora lamentarsi è troppo tardi». Sembrano parole attuali, fresche di stampa. Invece le dichiarava sette anni fa il colonnello della Guardia di Finanza, Giuseppe Mango, alla commissione parlamentare antimafia. Le cose da allora sono peggiorate. Sul rione storico sventola la bandiera della «mafia gialla», un nome adottato pure dalla ricercatrice Eva Maria Pfostl dell'istituto politico S. Pio V per un'indagine su «Multiculturalismo e sicurezza: il caso dei cinesi a Roma». Difficile sapere quanti siano. Oltre diecimila, forse. Venticinquemila secondo altri censimenti. Provengono soprattutto dallo Zhejiang, nel Sud-est della Cina. In un recente studio del Campidoglio, all'Esquilino si contano oltre 900 esercizi con insegne cinesi, in particolare ristoranti (300) e negozi d'abbigliamento. Un boom economico in crescita: il mercato della contraffazione è «made in China». I locali all'Esquilino sono showroom dove gli acquirenti scelgono i campioni e ordinano il numero dei pezzi che i cinesi producono a ritmi vertiginosi. E la «resistenza» degli orientali è dimostrata dalle sartorie scoperte a Tor Vergata e alla Borghesiana dai Carabinieri di Frascati: i titolari assumevano chi dormiva meno e cuciva di più. In questa invasione si contano anche operatori commerciali e culturali onesti: ristoratori finiti nelle guide gastronomiche e editori di settimanali e mensili. Ma la mafia gialla è la prima impresa.

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