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Grattacieli più alti del Cupolone Alemanno: sì ma solo in periferia

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Dal Campidoglio a San Pietro, dalla Casa dell'Architettura ai sindacati. È il grattacielo l'inaspettato protagonista del dibattito capitolino. La proposta del sindaco Alemanno di indire nella prossima primavera un referendum sull'eventualità di costruire grattacieli, continua a far discutere parlamentari, architetti e anche alti prelati, chiamati in causa sulla precisazione del primo citttadino in merito all'altezza dei grattacieli. «La città storica deve mantenere l'antico vincolo di non superare il Cupolone, ma nella periferia dobbiamo poter costruire in altezza». Una dichiarazione che vale la «benedizione» del Vaticano. Il cardinale Giovanni Cheli, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, interpellato sull'argomento ha infatto «benedetto» l'idea di dare l'addio al vincolo di San Pietro, costruendo grattacieli nella periferia romana. Con un distinguo: «se si trattasse di costruire un grattacielo davanti alla Basilica di San Pietro ovviamente sarebbe orribile. Costruzioni che sovrastino il Cupolone nelle periferie non rappresenta certo un problema. Se poi l'idea di costruire grattacieli e di sovrastare il simbolo di Roma ha una valenza sociale, è chiaro che non devono più essere un tabù». E di far cadere il tabù sui grattacieli parla proprio Alemanno, ribadendo che «noi abbiamo un solo grande impegno: smettere di distruggere altri pezzi di agro romano, i territori agricoli sono sacri per noi. Dobbiamo fare in modo che nella ricostruzione delle periferie ci sia un grande sforzo di demolire e ricostruire per renderle più compatte e paradossalmente più vivibili. In questo obiettivo i grattacieli non possono essere un tabù - continua il sindaco - non c'è l'obbligo di farli o non farli, ma devono rientrare in un ragionamento architettonico complessivo e di un referendum popolare. Perché queste scelte devono anche confrontarsi con il sentimento comune, l'opinione popolare e la percezione dei romani della loro città». Divisi sull'argomento gli architetti. Se Cristiano Rosponi giudica «il grattacielo un'icona del passato, un modello che nasce nel XIX secolo, quindi ormai superato. Tant'è che oggi qualcuno pensa già di demolirlo, come per esempio a Parigi con la Tour Montparnasse che potrebbe essere presto abbattuta», per l'architetto genovese, Roberto Silvestri, è invece «un'ottima idea, nulla di sconvolgente, anzi abbastanza normale, che si inserisce perfettamente nell'evoluzione della città europea».   Secco «no» da parte di Vittorio Sgarbi: «Non hanno i soldi per restaurare il Colosseo e la Domus Aurea e vogliono far costruire a Roma, città storica per eccellenza, i grattacieli. È una cosa impensabile. La gente viene a Roma per vedere i suoi tesori archeologici e artistici non per ammirare dei grattacieli che non solo non hanno ragione di esistere, ma peggiorano l'immagine della città». Sulla stessa linea l'assessore alla Casa della Regione, Teodoro Buontempo: «Roma non ha bisogno di ecomostri, né in orizzontale né in verticale. Non si può, da una parte, pensare di abbattere Corviale, per creare un quartiere-giardino e, da un'altra, ipotizzare la nascita di grattacieli in periferia. I grattacieli vanno bene nelle isole, dove non ci sono gli spazi per costruzioni tradizionali, ma non a Roma». Se referendum sarà, insomma, non mancherà certo il dibattito, non tanto sull'altezza dei nuovi palazzi capitolini ma sull'immagine della Roma del Terzo Millennio.  

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