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Morti sospette, i trans vogliono verità

Il trans Roberta, brasiliano di 26 anni

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I trans vogliono sapere la verità. La verità sulla morte di Roberta, 26 anni, brasiliano (trovata impiccata venerdì pomeriggio nel suo appartamento in via Tor di Quinto 33a), sull'aggressione a Natalì (massacrata la notte dello stesso giorno, sempre in quella via), sulle botte a Rachele (il 15 maggio) rivelate dai suoi legali. E ancora, sul presunto assassinio di Brenda, il 20 novembre scorso, nel monocolocale di via Dei Due Ponti e su quello prima ancora (il 12 settembre) del fornitore di droga ai transessuali sudamericani, Gianguerino Cafasso, stroncato da una miscela di droga. Indirettamente o direttamente c'è un filo rosso che unisce queste persone, che le lega alla trama di una stessa vicenda. E cioè: a vario titolo, e con ruoli diversi, i loro nomi sono stati risucchiati nel caso Marrazzo, l'ex governatore del Lazio ricattato perché era nella casa del viados brasiliano Natalì (in via Gradoli). E in un modo o nell'altro tutti hanno avuto a che fare coi quattro carabinieri infedeli che hanno ordito la tentata estorsione all'ex presidente: Nicola Testini (secondo il Gip fu lui ha organizzare il blitz del video a Marrazzo), Luciano Simeone, Antonio Tamburrino e Carlo Tagliente. Per giunta, tre di questi (Testini, Tagliente e Simeone) sono anche indagati per il presunto omicidio di Cafasso. Da Palma de Majorca, in Spagna, Rachele ha detto che Roberta subiva minacce da Tagliente: «La vessava per una questione di documenti e di permesso di soggiorno». I legali del carabiniere smentiscono. Ma la paura sale: passa il tempo, il numero dei morti aumenta e cresce la convinzione che chi sia stato del giro ora rischia la vita. Per la morte di Roberta, che l'autopsia ha decretato è stata un suicidio (dicono le amiche che in precedenza ha tentato di uccidersi altre tre volte), dalla magistratura la Squadra mobile della polizia non ha ricevuto alcuna delega a indagare, anhe se si cerca di ricostruire le ultime ore di vita del trans. i difensori della famiglia di Brenda, gli avvocati Walter Biscotti e Nicodemo Gentile, invitano «gli investigatori a spiegare se la trans Roberta aveva un computer e quali file conteneva o ancora se ci sono altri elementi che potrebbero collegare le morti di Roberta e di Brenda». E lo stesso appello lo lancia l'avvocato di Natalì, Antonio Buttazzo: «Non penso che la vicenda dell'aggressione di Natalie possa avere dei collegamenti con la morte della trans Roberta, ma bisogna fare accertamenti per capire». «Vorrei potere sperare che la morte di un'ennesima trans straniera a Roma - interviene l'ex parlamentare e attivista per i diritti degli omosessuali, Vladimir Luxuria - non venga vista solo come una nuova puntata del giallo di via via dei Due Ponti ma che qualcuno umanamente si chieda i motivi per cui la trans brasiliana si a stata indotta al suicidio».

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