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Piazza della Radio regno dei nomadi «ospiti» degli ex-impianti MiraLanza

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Daquesta zona continuano a partire, la mattina presto, alcuni degli individui che reciteranno la parte dei mendicanti agli incroci stradali più trafficati di Roma. Contemporaneamente, un gruppo di nomadi, «ospiti» ancora dei vecchi impianti MiraLanza, bivaccano su piazza della Radio e chiedono soldi agli automobilisti in cerca di un parcheggio. Il fai da te dell'accattonaggio continua ad avere dei professionisti in questa parte di Roma, area che offre diversi rifugi agli sbandati anche se la palazzina di via dei Papareschi è stata sigillata. C'è il caso di Aurel Ceaciru, romeno, residente in una baracchetta di cartoni e teli di plastica su via Baccio Baldini. Nato nel 1964, la vita da strada lo ha invecchiato parecchio. «Vivo per le vie di qui da otto anni, cerco lavoro manovale - dice in un italiano stentato - ma mio problema a ginocchio non mi fa trovare posto». Poi il lungotevere, nascosti fra i canneti e sotto le arcate del vicino ponte ferroviario fra Ostiense e piazza della Radio, alcuni stranieri hanno il loro ricovero: vecchi materassi, pezze e coperte utilizzate per difendersi dall'umidità che sale dal Tevere. Prima di scendere lungo la pista ciclabile e pedonale al livello del fiume, ci si imbatte in un'area giochi abbandonata (Lungotevere Gassman) e in rovina. Non va meglio nel percorso che si dovrebbe fare a piedi e in bici accanto alle acque del Tevere, uno scarico dai palazzi sovrastanti perde liquido proprio sulla pista ciclabile; rifiuti e calcinacci sotto al ponte ferroviario accanto al passaggio della gente. Più avanti, sulla riva opposta (Lungotevere Testaccio), alcune baracche abitate. «Dovrebbe vedere cosa accade qui nei periodi più caldi dell'anno - dice un signore durante una pausa della sua corsa mattutina - Li vedo dal mio appartamento. Più o meno al Clivio Portuense, si raccolgono in molti. Stranieri e zingari, allacciati a fontane, si costruiscono docce di fortuna, trasformao quel tratto di lungotevere in latrina. L'ho visto accadere sempre». Giu. Gri.

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