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Pizzo rom sull'acqua ai filippini. Interviene Acea

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Voglionofargli abbassare la cresta. I filippini hanno osato ribellarsi al «pizzo» sull'acqua, denunciando ai carabinieri la dura regola imposta dai nomadi vicini di casa, che perseguitano con continue richieste di denaro la comunità che vive nella baraccopoli in via Foce dell'Aniene, priva di condutture. Ma i nomadi che abitano dall'altra parte della ferrovia e riforniscono le cento famiglie filippine non vogliono perdere i soldi della fornitura idrica. Neanche adesso che i carabinieri hanno aperto un'indagine dopo la denuncia per estorsione presentata dai filippini. E per continuare a incassare, i rom sono passati alle minacce. «Arrivano qui verso le otto o le nove di sera a bordo di macchinoni di lusso e potenti Mercedes e intimidiscono le coppie di coniugi che rincasano dopo una giornata di lavoro» racconta Alexander Malabrico, 53 anni, consigliere aggiunto delle comunità straniere in II Municipio che ha raccolto le testimonianze dei connazionali, che abitano la baraccopoli da terzo mondo sorta dietro la sciccosa piazza Euclide, sotto il ponte della ferrovia di Monte Antenne dove l'Aniene sfocia nel Tevere. Più o meno a 50 metri in linea d'aria da Tor di Quinto, dove la signora Giovanna Reggiani fu violentata, ammazzata e gettata nella scarpata con la complicità degli zingari. I filippini hanno paura. E continuano a pagare. Anche adesso che Acea si sta attivando per portare le tubature nella baraccopoli, e fornire d'acqua la baraccopoli come ce l'hanno i nomadi. La richiesta dell'allaccio all'Acea è stata inoltrata dai consiglieri Pdl del II Municipio Massimo Inches e Roberto Cappiello. Un'iniziativa che è valsa i complimenti dell'ambasciatore filippio Danilo T.Ibayan, che martedì ha ricevuto i consiglieri in ambasciata. Ma l'attesa sembra lunga. E nel timore di ritorsioni i filippini continuano a pagare il tributo ai nomadi che li perseguitano. «Le pressioni sono continue» racconta ancora Alexander Malabrico. E i nomadi si sono fatti ancora più furbi. «Sanno che su di loro pesa una denuncia per estorsione. E anziché chiedere soldi per ottenere il pagamento i rom adesso li chiamano "regali"» dice. Ma sono regali continui. «Venti euro a famiglia, praticamente 10 euro a persona, perché i nuclei familiari sono composti da coppie di marito e moglie». Per capire quanto intascano basta fare due conti. Moltiplicare i 10 euro per le cento famiglie. E la cadenza non è mensile. Ma settimanale. A volte anche più frequente. «Si continua a pagare nell'attesa dell'allaccio». E la comunità filippina oltre ad aver paura è anche spaccata. «Sono divisi fra di loro perché temono le ritorsioni dei rom - conclude Alex -. E cominciano a guardarsi in cagnesco, tenendosi alla larga da chi ha osato ribellarsi all'estorsione, per dissociarsi».

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