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Il condominio della paura Ventitré furti in un mese

Il caos dopo il furto in un appartamento

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Ventitré furti in un mese. Tutti nelle abitazioni di via Mario Lizzani, alle spalle di via Palmiro Togliatti. L'ultimo venerdì scorso. Alle ore 10, mentre Mario Bassi è fuori casa, due topi d'appartamento varcano il cancello del civico 40. Salgono al quinto piano. Sulla serratura con cilindro «europeo» non lasceranno neppure un graffio. Entrano e frugano ovunque in cerca di contanti, oro e gioielli. La casa è sottosopra in pochi minuti. I cassetti sono vuoti. I divani rivoltati. Prendono le valigie di Mario e le riempiono con un pc, una fotocamera, gli orologi, le cornici d'argento. Poi la fede nuziale e un solitario da cinquemila euro. Ottocento euro sono i contanti. Il bottino è da diecimila. Quando Mario rincasa poco prima dell'ora di pranzo trova un appartamento «esploso», come lo descrive lui. Chiude la porta e scende in cortile. È proprio in quel momento che il suo condomino (il complesso è formato da 84 appartamenti per sei scale) Antonio Luparelli sta rientrando a casa con la moglie. Sono passate da poco le 13.30. Antonio prova a consolarlo, mentre la consorte sale a casa al secondo piano. Dopo pochi istanti la donna si affaccia al balcone: «Antonio - urla lei - vieni sù che sono entrati i ladri». Stessa tecnica, stessi obiettivi: gioielli, compresi quelli che sarebbero dovuti andare in dono alla piccola nipotina, oro e argento portato via in una borsa trovata in uno stanzino. A via Lizzani si vive così. Con i ladri che conoscono spostamenti, abitudini e timori dei residenti. I ventitré furti sono avvenuti tutti tra le 9 e le 12. Arrivano a mani vuote e vanno via con le valigie. «Siamo disperati, c'è qualcuno che ci controlla», dice Alberto Bonanni del terzo piano. L'amministratore del condominio, Norberto Di Pasquale, è sicuro si tratti «di professionisti. Ma dobbiamo dire chiaro che qui le forze dell'ordine passano molto di rado, non sono presenti. Mi è capitato di andare a fare delle denunce al commissariato, perché avevano rubato delle macchine. Quando ho detto che il reato è stato commesso in via Lizzani hanno tirato fuori un plico alto trenta centimetri. Ma il problema resta». E un furto in casa è «una violenza nell'intimo», come spiegano uno per uno le vittime, da Palandro e Borrello del sesto piano a Rinna del secondo a Di Palma del primo, passando per Antonini che è l'unico a esser rientrato in casa prima della fuga dei rapinatori. «Ho trovato la porta bloccata da qualcosa e ho fatto forza. Poi, entrando, li ho visti saltare giù dal balcone. Io sono al primo piano, in un attimo sono scappati». I volti dei malviventi non si conoscono. «Spesso si arrampicano e segano le cerniere delle inferiate con un frullino elettrico», dice Di Pasquale. «Altre volte entrano ed escono dalla porta senza che nessuno possa sospettare», racconta Bassi che si è visto frugare anche tra gli stuzzicadenti in cucina. Alcuni condomini dicono di aver identificato alcune tecniche di «avvicinamento» dei ladri. «Spesso arrivano delle telefonate a casa - spiega Luparelli - ma se rispondiamo dall'altra parte abbassano subito la cornetta». «Oppure - racconta un altro inquilino derubato - arrivano delle telefonate da parte di persone che vogliono effettuare delle indagini conoscitive. Dopo le prime domande generiche, iniziano a chiedere: quanti siete in casa? A che ora uscite? Qualcuno ci casca». Stanchi e intimoriti ora i residenti vivono nell'agitazione. Si guardano le spalle rientrando da lavoro. Tengono sotto controllo lo spioncino che dà sul pianerottolo. «Abbiamo paura che un giorno di questi, oltre a un furto ci prendiamo anche una coltellata». A via Lizzani ormai si diffida di tutti. Degli uomini delle agenzie immobiliari che passano sotto il portone. Degli addetti al controllo dei contatori dell'Acea. Dei netturbini. Sulla cancellata del civico 40 c'è un foglio appeso con un pezzo di scotch: oggi passarenno i preti della parrocchia per benedire gli appartamenti. Tra i condomini si è già sparsa una voce: occhi aperti.

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