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Sembrava una battaglia vinta, quella contro le «scuole ghetto», partita un anno fa dalla scuola Carlo Pisacane, dove otto alunni su dieci erano immigrati e da dove si levò un disperato grido di allarme delle mamme italiane.

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Manon è bastato. Come un «incubo» destinato a tornare, la Pisacane conta già per la prima elementare del prossimo anno 33 alunni e solo 5 sono italiani. Ma questo non sarebbe un problema, considerata anche la nuova rete scolastica voluta dall'assessore Marsilio, che prevede l'accorpamento della Pisacane a un altro istituto. I conti, insomma, si faranno in seguito. Quello che preoccupa è invece il documento preparato da dirigenti scolastici e rappresentanti del VI Municipio in cui si sottoscrive di «accettare momentaneamente le iscrizioni alle prime classi degli alunni stranieri, nati in Italia e non, oltre la quota limite del 30% per classe richiesta dalla recente circolare del ministro Gelmini». Documento confermato poi dal presidente del VI Municipio Gianmarco Palmieri. Difficile non dare del documento una lettura politica a difesa dell'ultimo baluardo di un'integrazione voluta dalla sinistra ma fallimentare in ogni suo atto pratico. A fonte di poche famiglie e di pochi dirigenti scolastici che non vogliono classi più "italiane", ci sono centinaia di genitori stranieri che chiedono da tempo la fine delle scuole ghetto. Non a caso il tetto del 30% è stato sottoscritto dai consiglieri aggiunti, eletti in Comune proprio a rappresentanza delle comunità straniere che vivono a Roma.

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