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L'agro romano cambia volto

Agro romano

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Il sipario sullo stato di abbandono dell'agro romano si alzò tragicamente il 23 agosto del 2008, quando una coppia di ciclisti olandesi che si erano fermati nei pressi di un rudere sulla Portuense vennero brutalmente aggrediti da romeni. Un brusco risveglio che ha costretto il neoeletto sindaco Alemanno e tutti i romani a guardare, forse per la prima volta quella campagna rosicchiata qua e là dall'espansione della città, sterile perché nessuno la coltiva più e diventata terra di nessuno. Nessuno appunto. Quel "nessuno" che aveva però occhi, gambe, braccia e una rabbia dentro da sequestrare, picchiare, stuprare. Senza rimorso, con la complicità di prati e di vecchi casali abbandonati e dunque nessuno che veda, senta, parli. Dopo i tragici casi di Giovanna Reggiani e Luigi Moriccioli, morti dopo le barbare aggressioni avvenute sempre in zone isolate, la tragica vicenda dei turisti olandesi segnò un punto di non ritorno. Così, mentre arrivava l'esercito per trasmettere quel senso di sicurezza e protezione ormai svanito, Alemanno stesso prometteva: «Non ci sarà un soldato dietro ad ogni albero, non ce ne sarà bisogno. La sicurezza nell'agro romano, che sembra così distante e che invece è così vicino al centro abitato la riporteranno il censimento dei casali, lo sgombero delle zone occupate abusivamente e il recupero delle aree». Così, dopo pochi giorni l'assessore capitolino al Patrimonio, Alfredo Antoniozzi ha incominciato a studiare con gli uffici tecnici un meccanismo di messa in sicurezza degli immobili abbandonati. È così che nasce il Pria, il Programma di Riqualificazione dell'Agro romano. Uno strumento nuovo che si basa sugli incentivi ai privati dei manufatti rurali. In poche parole un'operazione a costo zero per il Comune, eppure un'occasione non solo per il recupero della campagna romana ma anche per l'economia. A confermarlo le risposte al bando del Comune di Roma che è scaduto il primo febbraio: 80 proposte per riqualificare e valorizzare oltre settemila ettari (su un totale di ventimila esenti da vincoli), mettendo a rendita, quegli scheletri di pietra che oggi rappresentano non solo un passato che non c'è più ma anche sporcizia, abbandono, pericolo. Al via quindi la riqualificazione dell'attività agricola che fornirà vantaggi indiretti alla città, con la produzione di alimenti di qualità, una più agevole commercializzazione e la conseguente riduzione dei prezzi. A fronte di un modestissimo incremento della densità territoriale (4/5 abitanti per ettaro) il Pria persegue diversi obiettivi: messa in sicurezza di intere aziende attraverso sistemi anti-intrusione e videosorveglianza; alloggi a canone contenuto che gli agricoltori si impegneranno a praticare sulle residenze realizzate in base al Pria, restauro conservativo dei casali storici, che sarà valutato come alto elemento di preferenza nelle proposte. Il restauro paesaggistico sarà legato sia al miglioramento dell'estetica dei manufatti recuperati che a specifiche opere di risanamento ambientale e colturale che costituiscono elemento essenziale del piano ideato da Antoniozzi. Diventa quindi obbligatorio per poter ottenere il permesso di cambio di destinazione d'uso procedere a rimboschimenti, ripristino o creazione di sistemi vegetazionali tipici dell'agro, eliminazione di manufatti abusivi, discariche e incolti. Non solo. Gli agriturismi, le fattorie didattiche, i casali gestiti da associazioni a scopo sociale e assistenziale, come ad esempio ippoterapia, case famiglia o sportive, dovranno adottare tutte le più moderne tecnologie di contenimento dei consumi energetici grazie all'incentivazione data dal punteggio di preferenza che il piano di riqualificazione attribuisce a tutti i sistemi utilizzabili a questo scopo. La svolta dell'agro romano insomma c'è già stata. E l'addio a quegli scheletri di roccia che umiliano natura e cultura della capitale si fa sempre più vicino.

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