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E nei verbali spunta il nome di Carboni

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Ilnome del personaggio finito nei più misteri più fitti d'Italia, dai quali ne è uscito senza perdere soldi né fama, rispunta accanto a quello dell'ingegnere Vittorio Rizzo, descritto dai giudici di Velletri come l'anima nera dello scandalo della discarica di Pomezia. Come è scritto nell'ordinanza di arresto, Rizzo non era per niente preoccupato di agire senza alcuna autorizzazione dei suoi capi all'Enea, in pieno conflitto d'interessi ed esposto più che mai. Tesseva rapporti nel Continente ma anche fuori, in Sardegna. A Sassari la società Mediterranea 96 ha un terreno utilizzato come cava, poi trasformato in discarica «Calancoi» e nel 2005 dichiarato dal ministero dell'Ambiente sito inquinato da bonificare di interesse nazionale. La Mediterranea è riconducibile ad Andrea Carboni, fratello defunto di Flavio. Secondo i giudici «la società, a seguito della disponibilità manifestata dall'Enea, intende affidare a quest'ultima la consulenza per la definizione degli accordi con il ministero dell'Ambiente e alla Sa Envitech». La sede legale è lo studio Agleitto «con il quale - proseguono i giudici - Rizzo ha un contratto di consulenza». A gennaio 2008 viene registrata una conversazione telefonica tra Rizzo e Carboni, che gongola: «... sono pronti, non hai uidea del potere che abbiamo. E ancora, il 22 febbraio. Carboni informa l'ingegnere di aver ricevuto non meglio specificate lettere dell'Eni ma a che a suo dire sono «di importanza storica». Carboni poi chiede a Rizzo di fare una lettera a nome dell'Enea per la bonifica di Calancoi. È lui a dettre il testo: «... a seguito dei mancati lavori, non si può procedere all'espletamento del mandato». L'affair continua. F.D.C.

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