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Il romanesco lo capiscono pure al Nord

Alberto Sordi e Carlo Verdone

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È un po' datata la crociata leghista contro Roma. Ma trova ancora degli appassionati. Stavolta a dar fuoco alle polveri è stato Roberto Castelli che ha tuonato: basta con il cinema romanesco dove gli attori parlerebbero con accento romano". L'affermazione del viceministro è stata fatta durante l'inaugurazione del polo cinematografico lombardo. (Forse aspirante concorrente della Capitale?) Qualcuno l'ha presa male, qualcun'altro l'ha buttata in politica altri invece hanno replicato «ecchissenefrega». Anche il sindaco Alemanno è stato tirato in questa boutade estiva e a Castelli manda a dire «se ne faccia una ragione». Si scalda invece Michele Baldi del Movimento per Roma per il quale «una delle cose più insopportabili sia passare per il centro storico e sentire i leghisti parlare nel loro dialetto padano. La piantassero di pensare a Roma tanto come romani saremo sempre superiori. E quando parlano di Roma si sciacquassero bene la bocca». C'è anche l'Italia del Valori. «Castelli non si rende conto di ciò che dice - afferma il consigliere regionale Claudio Bucci - Roma è la culla del cinema italiano: attori, registi, produzioni che hanno fatto la storia del grande schermo ed esportato la cultura italiana nel mondo vengono dalla Capitale ed hanno per questo un'impronta di romanità che ne costituisce la peculiarità e la grandezza». Inoltre «il romanesco, per come si struttura e per l'uso sociale che ha, viene considerato dai linguisti una vera e propria lingua». Che tutti comprendono. Anche al Nord.

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