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"Plagiò Balducci, processatelo"

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Si profila la richiesta di rinvio a giudizio per l'avvocato Giorgio Maria Bosio e la moglie Monica Dall'Olio per aver abusato dello stato di incapacità del monsignor Corrado Balducci, deceduto il 20 settembre 2008. Il pm Alberto Caperna ha chiuso l'indagine nei confronti di cinque persone. In particolare, i due coniugi sono accusati di circonvenzione di incapace perché «al fine di procurarsi un ingiusto profitto, abusando dello stato di incapacità di Corrado Balducci, in età avanzata ed in condizioni di deficienza psichica, in quanto affetto da deterioramento cognitivo di grado medio grave con associati segni di parkinsonismo, con più atti esecutivi di un unico disegno criminoso, inducevano Balducci a compiere più atti di disposizione patrimoniale a lui sfavorevoli». Per l'accusa, questi atti «di fatto comportavano l'acquisizione, da parte degli imputati, dell'immobile di Roma, in via Pio IV, e di una ingente somma di denaro, pari a circa due milioni di euro, e determinavano per la persona offesa un danno patrimoniale di rilevante gravità». I fatti contestati riguardano il periodo dal luglio 2007 al marzo 2008. Ai due, poi, assieme al notaio Aldo Garofalo, è contestato il falso per la stipulazione di un atto repertorio, n. 96570, registrato il 31 luglio 2007, con cui Corrado Balducci «nominava suo procuratore generale Bosio, implicitamente e falsamente attestando l'integrità mentale di Balducci». L'atto, stipulato da Garofalo, venne ideato da Bosio e dalla moglie. Lo stesso avvocato è accusato, assieme alle colleghe Antonella Anania e Erika Giovannetti, di aver compiuto, dal giugno al settembre 2008, una serie di calunnie finalizzate ad ostacolare «le indagini sui fatti oggetto del procedimento a suo carico per il delitto di circonvenzione di incapace e, quindi, al fine di assicurarsi l'impunità». Tra queste, la denuncia falsa per violazione di domicilio e molestie nei confronti di una suora che aveva segnalato ai carabinieri di non riuscire più a parlare con il monsignore e quella contro un brigadiere cui vennero addebitati alcuni atti illegittimi, come una perquisizione, la violazione di domicilio e l'aver causato all'alto prelato un malore con conseguenti lesioni. Infine, Bosio rischia il processo per sostituzione di persona per aver inviato una lettera, a nome Balducci, ai vertici dell'Arma e della Gendarmeria Pontificia della Città del Vaticano, apponendo la falsa firma del monsignore, e «contenente doglianze sull'operato dei militari della stazione dei carabinieri di Porta Cavalleggeri». Episodio che risale al 16 settempre del 2008. Tra le indagini attivate dalla procura anche una rogatoria in Vaticano relativa al conto corrente del prelato. Bosio si era difeso sostenendo che Balducci era per lui come una persona di famiglia e che aveva sempre cercato di salvaguardare il suo patrimonio.

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