
Meloni: taglierò le tasse al ceto medio. Ipotesi meno imposte fino a 60mila euro

Lo ha detto senza giri di parole. Ora è il momento di abbassare le tasse al ceto medio. La premier Giorgia Meloni ospite degli Stati generali dei commercialisti, all’indomani della sconfitta ideologica della sinistra nelle urne referendarie, parla di cose concrete, quelle che la gente comune attende dalla politica. Dunque le tasse, non da abbassare a tutti ovviamente, ma a quelli che in termini economici e finanziari guadagnano cifre leggermente più elevate rispetto alla media degli stipendiati. Una classe considerata però troppo ricca per godere di detrazioni e bonus, ma non così tanto da poter vivere di sciupo. Insomma quella parte dei lavoratori italiani che secondo la premier «rappresenta la struttura portante del sistema produttivo italiano, che è quello che avverte di più il peso del carico tributario». E che rappresenta, dato da non sottovalutare, una parte consistente dell’elettorato che ha portato il centrodestra al governo. Gli stessi che, con un minori tasse a carico potrebbero liberare risorse consistenti verso consumi e investimenti semidurevoli, leggasi auto, case, garage e altro, ma anche corsi di specializzazione e di formazione per i propri figli.
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Meloni ai Commercialisti: Fisco non deve soffocare. No a soldi gettati dalla finestra
Spese sostanziose, insomma, che potrebbero far lievitare il Pil in maniera consistente e di conseguenza anche le entrate fiscali. È la stessa Meloni a sottolineare che così come è il sistema fiscale penalizza proprio chi lavora ed è solo colpevole di avere una ricchezza patrimoniale troppo elevata per gli standard, spesso però a causa di beni immobiliari ereditati dai genitori. «Il sistema fiscale non deve soffocare la società, ma aiutarla a prosperare.
Commercialisti in piedi per Meloni: E lei «Mi mettete in imbarazzo» - video
Non la deve opprimere ma deve chiedere il giusto e utilizzare le risorse come un buon padre di famiglia, con buonsenso e senza gettare i soldi dalla finestra, che è quello che abbiamo tentato di fare in questi anni con una riforma equa razionale» ha spiegato la premier Meloni. Un riferimento a quanto già fatto per razionalizzare uno dei sistemi tributari più complessi del pianeta e con il primo passo concreto per abbattere il peso delle imposte. Quell’accorpamento del primo e secondo scaglione di reddito sotto un’unica aliquota Irpef che ha interessato la fascia compresa tra 15.001 e 28.000 euro, su cui viene ora applicata un’aliquota del 23%. Un sollievo per famiglie a basso reddito con stipendi mensili che, nella parte alta della forbice sono poco sopra i 1500 euro al mese, ma che non ha nemmeno sfiorato il vero ceto medio. Ora la musica sta per cambiare. Il prossimo passo sarà il taglio dell’aliquota dal 35% al 33% per i redditi fino a 60mila euro. Un’ipotesi che si era affacciata nel dibatto politico con la scorsa Manovra ma messa nel cassetto per mancanza di risorse. Ora l’intervento, dal costo stimato di 4 miliardi, potrebbe essere riproposto con i nuovi spazi di bilancio che potrebbero crearsi. E anche se il titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha raffreddato i bollenti spiriti in tema fiscale dei compagni di governo: «Abbiamo 2 anni e mezzo», l’impegno del capo del governo potrebbe essere meno difficile di quanto non lo fosse finora.
Una settimana fa la Ue ha certificato che, senza modificare gli impegni presi, esiste uno spazio di spesa di circa 4-5 miliardi da usare. Non solo. Se come sembra i costi del finanziamento pubblico sono in rapida discesa per motivi geopolitici, leggi la fuga di capitali dagli Usa di Trump, ma anche per la disciplina nella tenuta dei conti pubblici italiani, si potrebbero creare tesoretti per il calo dei tassi da usare per ridurre il prelievo. Si può fare. Anche se il viceministro Maurizio Leo, di FdI, ha specificato: «Dobbiamo trovare le risorse. La cosa che diciamo il ministro Giorgetti ed io è che dobbiamo agire con prudenza. Questo atteggiamento ci ha premiati. Vogliamofare le cose ma con la massima cautela e attenzione». Le strade sono tante. Ma questa volta la volontà pare esserci. Pur con qualche distinguo.
Meloni spinge per il taglio delle tasse al ceto medio. Resta distanza con la Lega
«Per la Lega e per il governo una giusta, attesa e definitiva pace fiscale, una rottamazione di milioni di cartelle esattoriali che stanno bloccando l’economia del Paese, sono una priorità, anzi una emergenza» il messaggio ai partner della maggioranza di Matteo Salvini mentre il leader di Forza Italia Antonio Tajani nella veste di mediatore ha proposto un patto: sul fisco «la priorità per noi è il taglio dell’Irpef, poi la rottamazione». L’importante è partire.
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