
Ucraina, l'Italia dice no alle truppe al fronte e il Guardian scatena la solita polemica Woke

"L'Italia è uno dei cinque "smantellatori" che causano la "recessione democratica" in Europa". È un attacco diretto al nostro Paese l'articolo pubblicato questa mattina dal quotidiano britannico The Guardian proprio accanto all'annuncio della telefonata programmata per domani tra il presidente americano Donald Trump e quello russo Vladimir Putin riguardo il piano di pace per l'Ucraina. Il riferimento è chiaro. La premier italiana Giorgia Meloni si è rifiutata di inviare soldati nella futura forza di peacekeeping che dovrà sorvegliare la tregua tra Kiev e Mosca. Ne ha informato gli alleati alla riunione della scorsa settimana a Downing Street, dove Londra stava raccogliendo l'adesione ad una "coalizione di volenterosi" di cui, pare, voglia avere la leadership. No, grazie. L'Italia non ci sta. Gli aiuti all'Ucraina continuerà ad inviarli ma niente "stivali sul terreno", come si dice in gergo. Ed ecco la nuova polemica woke, servita attraverso la stampa progressista fedele al primo ministro laburista Keir Starmer. "Il governo italiano ha profondamente minato lo stato di diritto con modifiche al sistema giudiziario e ha mostrato una forte intolleranza alle critiche dei media, in un esempio emblematico della crescente recessione della democrazia in Europa", scrive The Guardian appellandosi al rapporto della Civil Liberties Union for Europe, usato come una clava anche contro Bulgaria, Croazia, Romania e Slovacchia. Tutti accusati di "minare intenzionalmente lo stato di diritto in ogni aspetto”. Ovviamente non manca nella lista il primo ministro ungherese Viktor Orban che ha portato a portato a Budapest una “significativa regressione” nello stato di diritto nel 2024 con l’avvio dell’ufficio per la protezione della sovranità. In Italia "il governo di Giorgia Meloni ha elaborato proposte per dare "poteri illimitati" al ministero della Giustizia sui procuratori", elemento che avrebbe "aumentato il controllo politico sulla magistratura".
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In Slovacchia nel mirino ci sono le novità introdotte dal governo guidato dal populista Robert Fico, tra cui l'abolizione dell'ufficio del procuratore centrale e un disegno di legge sugli agenti stranieri "in stile russo" che richiederebbe alle Ong di rendere noto da chi ricevono donazioni superiori a cinquemila euro se queste arrivano dall'estero. Anche in Croazia l'integrità del sistema giudiziario è stata considerata danneggiata. In Romania, le recenti elezioni presidenziali hanno rivelato "come i social network potrebbero consentire a un ultranazionalista poco conosciuto di ottenere la vittoria". Il riferimento, neppure troppo sottinteso, è a Calin Georgescu, al quale è stato proibito di ripresentarsi alle presidenziali dopo l'annullamento e dopo aver vinto al primo turno. "Senza un'azione decisa, l'Unione europea rischia un'ulteriore erosione democratica", recita il rapporto di Liberties compilato da 43 organizzazioni per i diritti umani in 21 stati membri dell'Ue.
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Gli autori del rapporto classificano Francia e Germania come "democrazie modello" ma non immuni da problemi. La Polonia, che ha raddoppiato le spese per la difesa ed è in prima fila nella "coalizione dei volenterosi", viene lodata. "Il governo di Donald Tusk ha cercato di ripristinare l'indipendenza giudiziaria e il pluralismo dei media", sottolinea The Guardian. Poi la richiesta della Ong alla Commissione europea di "rafforzare l'attività di monitoraggio, legandola allo stanziamento di fondi Ue e accelerando le azioni legali in caso di violazioni dello Stato di diritto".
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