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Meloni senza veli in Arabia, alla faccia dei big del Pd in ginocchio dall'Islam

Testa scoperta e strette di mano per la premier in visita in Arabia Saudita. E la sinistra rosica nel ricordo delle big: da Boldrini a Serracchiani e Mogherini

Pietro De Leo
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Nella società che funziona per immagini, fa sempre bene vederne una come quella circolata nelle scorse ore: la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, nel corso del bilaterale con il principe saudita Mohammed Bin Salman, con il capo senza velo. Pare un fotogramma che scorre via così, eppure non lo è. Specie in un momento in cui, per riprendere la logica dello studioso francese Hugo Micheron, si rischia una nuova ondata di piena dell’islamismo, tra tossine sparse qui e là dalla crisi medio orientale e instabilità varie che agevolano il fondamentalismo.

 

Certo, in Arabia Saudita non c’è obbligo protocollare di indossare il velo, ma questo nulla toglie al significato culturale e politico di una Presidente del Consiglio, che incarna la democrazia avendo un mandato elettoralmente premiato, che rivendica un gesto di libertà e di parità. E mette il booster, l’acceleratore a quel che già fecero, negli anni scorsi, figure come Ursula von der Leyen, Melania Trump, o in tempi ancor più lontani Theresa May. Anche loro in Arabia con i capelli in libertà. E viene messa in secondo piano, invece, la passività di altri non-gesti. Ricordiamo, per esempio, l’ex Presidente della Camera Laura Boldrini sorridente, con velo, alla Grande Moschea di Roma. Oppure il Ministro dell’Istruzione del governo Renzi Stefania Giannini indossare ligia il velo in Iran. Così come Federica Mogherini, nel 2017, che lì andò da Alto Rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea (si era nella ben poco memorabile Commissione Junker). Di fronte alle critiche, fonti comunitarie fecero notare che in Iran indossare il velo pure nelle visite istituzionali è obbligo protocollare, a differenza dell’Arabia Saudita, dove infatti anche la Mogherini non lo indossò.

 

Ma allora, stante l’obbligo, almeno un guizzo d’Occidente, un minimo di rivendicazione a testimonianza della centralità dell’uguaglianza tra i sessi non sarebbero stati male. E infatti ci provò Emma Bonino, che si recò in Iran nel 2014, come Ministro degli Esteri del governo Letta.

Alla richiesta dei funzionari locali di indossare il velo, oppose un netto rifiuto. Ne nacque una trattativa con il suo omologo iraniano, e alla fine prevalse la realpolitik di non creare un caso diplomatico. Anche Emma, molto a malincuore, si velò. Uscendo dalla politica, chi invece tirò via l'accessorio fu Oriana Fallaci al cospetto dell’ayatollah Komehini, nel corso di quella che fu probabilmente la sua intervista più combattuta, nel senso di vero duello verbale. «Via questo stupido cencio del Medioevo», disse l’indimenticata Oriana. E fece storia.

Un po’ come segnò la memoria anche il gesto di Marine Le Pen, nel 2017, a Beirut. Era candidata alla Presidenza della Repubblica francese e doveva incontrare il Muftì, cioè l’autorità giuridico religiosa, del Libano. Lei raccontò che nei colloqui preparatori tra il suo staff e quello del protocollo libanese aveva anticipato la volontà di non indossare il velo, che comunque al suo arrivo le fu comunque consegnato. Niente da fare, di coprire il capo non ne volle sapere e la visita saltò. Qualche mese prima, invece, in Italia il confronto s’era accapigliato su una vicenda analoga e di segno esattamente opposto. Durante una visita a Roma del presidente iraniano Rohani furono coperte le statue di nudi al Campidoglio poste sul tragitto che egli avrebbe compiuto nel Palazzo. Persino il premier di allora, il presunto riformista Matteo Renzi, si indignò. Ma ormai la brutta pagina era stata scritta.

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