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Migranti, Meloni tira dritto e il Cdm dà l'ok al dl Paesi sicuri. Nordio gela le toghe rosse

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Lo aveva annunciato in un rapido punto stampa a Beirut, e in Consiglio dei ministri è passata dalle parole ai fatti. Giorgia Meloni tira dritto sul dossier migranti e, dopo aver spiegato che "è competenza del governo e non della magistratura stabilire quali sono i paesi sicuri e quali no", risponde con un decreto legge ad hoc ai giudici della sezione Immigrazione del tribunale di Roma che venerdì non avevano convalidato i trattenimenti di 12 migranti in Albania, citando una sentenza della Corte di giustizia europea. Il Cdm vara così un dl che, come spiegato dal ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, si compone "di un intervento che sostanzialmente riassume in legge, quindi in fonte primaria, quella che è l'indicazione dei paesi cosiddetti sicuri. Questo ci consente di offrire ai giudici di tutta Italia un parametro che è l'applicazione di una legge rispetto a qualche ondivaga interpretazione, e lo dico con profondo rispetto per la magistratura". "Si tratta di una lista di 19 paesi, rispetto ai 22 originariamente previsti - sottolinea il titolare del Viminale -. Quelli che abbiamo esclusi sono il Camerun, la Colombia e la Nigeria sulla base di considerazioni che vengono proprio da quella sentenza della Corte di Giustizia europea che aveva in qualche modo introdotto un criterio di valutazione della integrità del territorio dei paesi che sono interessati da questa dichiarazione. L'operazione che abbiamo fatto è quella di riassumerli in una norma di legge, quindi elevati al rango di norma primaria, e questo per una logica anche di creare un'uniformità di giudizio sul territorio nazionale".

 

 

Secondo Piantedosi, quindi, adesso il Tribunale di Roma non potrà più rispedire indietro i migranti dall'Albania "perché è previsto da una norma primaria, quindi dovrebbe in qualche modo disapplicare una norma di legge. Quanto fatto era stato fatto sul presupposto del potere di disapplicazione degli atti amministrativi che possono fare i giudici ordinari. Adesso è una norma primaria e quindi una legge dello Stato". Tesi questa condivisa dal Guardasigilli, Carlo Nordio, secondo il quale "la disapplicazione di una norma secondaria risale al 1865, un giudice può disapplicare una norma secondaria ma questo non vale per una legge primaria. Se l'elenco dei Paesi sicuri è inserito in una legge, il giudice non può disapplicarla". Per il ministro della Giustizia "siamo arrivati a questo punto a seguito di una sentenza della Corte di giustizia europea che non è stata ben compresa. In altre parole questa sentenza, oltre a ribadire il principio che è compito degli Stati individuare quali siano gli Stati sicuri, pone poi delle condizioni nel momento in cui un giudice intenda dare una definizione diversa di Stato sicuro in merito alla situazione di determinate persone. Il nocciolo di questa sentenza è che il giudice deve, nel momento in cui si pronuncia, dire in maniera esaustiva e completa, nel caso di specie, quali siano le ragioni per cui per quell'individuo quel determinato Paese non è ritenuto sicuro. Nelle motivazioni dei decreti al centro del dibattito in questi giorni" questo manca.

 

 

Il decreto approvato dal governo, spiega quindi il sottosegretario Alfredo Mantovano, "non si pone in antitesi e non contrasta, al di là della condivisibilità o meno, la sentenza" della Corte di giustizia europea, "e si inserisce in un contesto normativo. Quanto a ulteriori interventi certamente non si escludono, vediamo che succede". "Noi vorremmo far funzionare le norme europee sui rimpatri - è il ragionamento -. Se leggiamo i provvedimenti, e lo dico senza nessuna polemica, del Tribunale di Roma di qualche giorno fa, non l'Albania ma il meccanismo dei rimpatri semplicemente non esiste più, e dovremo rendere conto in sede europea del perché non tuteliamo i nostri confini, che sono confini europei. Si creerebbero tutta una serie di problemi".

 

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