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Feltri esalta il capolavoro Meloni: “Nessuna crisi, superate tutte le insidie della sinistra”

Luca De Lellis
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Nonostante tutte le difficoltà incontrate lungo il cammino, a poco più di due anni dall’investitura degli italiani su Giorgia Meloni, sinora “il suo è un capolavoro”, ammette Vittorio Feltri. Diverse le ragioni: anzitutto – sostiene il direttore editoriale de Il Giornale nel suo pezzo odierno – neanche l’ombra di “crisi sotterranee e rimpasti, ma neanche corse al Quirinale annunciando l'arrivo di qualche brandello di partitino per sostituire transfughi”. E già questo dato, se commisurato alle ultime esperienze a Palazzo Chigi, è un traguardo da non tenere sottotraccia. Anzi, dice Feltri, “un record”. Anche perché, dicevamo, i terreni scivolosi sono apparsi eccome nel tempo. Il caso Sangiuliano, le ripetute faide con larga parte della magistratura, tra cui il recentissimo disguido sulla questione dei migranti in Albania. Solo per citarne alcuni. Per non parlare “dei progressisti”.

 

 

Loro, scrive il direttore editoriale del quotidiano milanese, “avevano scommesso sul suo prematuro fiasco, mettendo sotto il sedile della prima presidente del Consiglio donna un pacco bomba su misura, ed erano sicuri sarebbe esploso, consegnandola alla pattumiera della politica”. Feltri fa riferimento a un vero e proprio piano strutturato dalla sinistra per screditarla a livello internazionale. Senza successo, per ora: “Un lavoro a due livelli. In Europa e in America la sinistra aveva diffuso la leggenda sul suo essere fascista, anzi nazista dentro come certi intellettuali hanno sibilato ai loro colleghi d'Oltralpe e d'Oltreoceano. All'inizio qualcuno ci è cascato, poi sono stati i giornali più accreditati a elogiarla, a partire dall'Economist arrivando persino al New York Times”.

 

 

Ma anche all’interno della penisola, per Feltri le insidie alla sua leadership non sono mancate: “In Italia per affondarla hanno usato l'aggressione ideologica e quella del gossip. Ogni due per tre si sostiene l'imminente scomunica dell'Europa contro il governo razzista e omofobo. La magistratura si danna per scardinarne la legittimità in quanto crudele con i clandestini. Erano convinti di riuscire a espellerla da Palazzo Chigi con le solite armi alternative alla democrazia, cui sono avvezzi”. Eppure, ad oggi, il consenso degli italiani e la coesione del suo esecutivo ne sono usciti illesi: “Ma non hanno nemmeno scalfito il basamento del suo consenso. Il quale, anzi, cresce più si capisce la pretestuosità degli attacchi”. Insomma, l’epilogo non è stato quello del primo governo Berlusconi: “Il Cavaliere salì al governo nel 1994 avendo dalla sua il voto degli italiani e trovandosi contro l'establishment, e quel fascio (sì, molto fascio) di poteri forti che muovono le leve di giustizia, economia, informazione riuscì a cacciarlo in otto mesi”. Feltri ricorda quel primo fallimento come un complotto contro di lui: “Fu messo nel sacco dall'alleanza di Corriere della Sera (di proprietà Fiat-Agnelli) e procura di Milano”. Ma appunto, non è questo il caso. Con tanto di claim finale: “Stavolta niente ribaltoni, siamo Meloni, e ci dispiace per i rosiconi”.

 

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