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Giorgia Meloni, evoluzione di un premier: da sovranisti a conservatori

Luigi Tivelli
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Conservatori o sovranisti? Specie in relazione all'evoluzione della Destra italiana. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sembra seguire man mano un itinerario che la può condurre verso un sano conservatorismo. Forse il passaggio da quella che era un'impronta tendenzialmente sovranista ad una sostanzialmente conservatrice è una sorta di transustanziazione politica e culturale. Certo, permangono qua e là in Fratelli d'Italia pulsioni di tipo sovranista, che mostrano quanto la Meloni sembra essere un passo avanti al suo partito. Ma il vero sovranista è Salvini, specie quello degli ultimi mesi, che cerca di occupare uno spazio a Destra della Meloni, che ha, invece, assunto pienamente il ruolo di «premier».

Dico «premier» non a caso perché mi sembra che alla luce degli effettivi equilibri istituzionali in atto (mai il Parlamento è stato così debole come nell'ultima fase), il presidente Meloni si trovi in una condizione di «premierato di fatto».

Un ruolo che favorisce appunto questa transustanziazione verso il conservatorismo. Ma per capire meglio questi processi, la cultura politica può essere di non poco aiuto. Forse Meloni - a parte gli aspetti della sua azione internazionale - potrebbe agganciarsi ad alcuni filoni del miglior conservatorismo italiano. Non a caso un ministro e uomo di cultura come Gennaro Sangiuliano ha recentemente pubblicato un libro bello e significativo su Prezzolini («Giuseppe Prezzolini. L'anarchico conservatore» edito Mondadori). Mostrando anche gli aspetti più significativi dall'esperienza de La Voce, di cui Prezzolini insieme a Giovanni Papini fu uno dei principali esponenti.

 

Un conservatore lontano da ogni conformismo, con un approccio da intellettuale europeo ricco di spunti e suggerimenti per il presente e per il futuro. Proprio quel tipo di conservatorismo che Meloni ha cercato di rilanciare in questi giorni da Pescara, di taglio libero, innovatore ed europeo. Il recupero del conservatorismo di Prezzolini potrebbe essere un antidoto contro il troppo diffuso cicaleccio politico e contro certe forzature populistiche del Salvini di turno (che mette in campo il Vannacci di turno...). Contro il presentismo dilagante e i suoi numerosi tormentoni. Un conservatorismo umanistico, realista, pragmatico, aperto alle sfide del futuro, perché, come scrive Prezzolini nel suo Manifesto dei conservatori, il vero conservatore «si guarda bene dal confondersi con i reazionari, i retrogradi, i tradizionalisti, i nostalgici» perché intende conservare e innovare.

Credo che proprio a quel filone collegato alla Voce di Papini e alla figura di Prezzolini ci si potrebbe agganciare per fare un altro passo avanti verso quella transustanziazione da sovranisti a conservatori più che mai necessaria. Anche la Thatcher, in fondo, pur essendo una innovatrice era legata ai migliori filoni di cultura politica del conservatorismo inglese. Prezzolini è una figura di intellettuale-miniera (un po' più di Tolkien...), in cui si possono cogliere pepite di cultura e cultura politica uniche. Forse Prezzolini è una boa a cui può agganciarsi la migliore destra italiana in funzione dell'evoluzione verso quel sano conservatorismo rilanciato da Meloni anche dalla convention di Pescara. Gianfranco Fini, ad esempio, aveva accanto a se figure come il professore di scienze politiche ed intellettuale conservatore, Domenico Fisichella, che guarda caso era editorialista del Tempo. Forse per queste ragioni è opportuno anche per Meloni e per l'interesse del Paese l'accumulo di un sano bacino di cultura politica conservatrice. Così come una maggiore attenzione ai troppi saliti, o che cercano di salire, sul suo carro e a qualche irriducibile sovranista che si porta dietro...

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