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Renzi, la doppia sfida: beffa Calenda e vuole svuotare il Pd. I nomi nel mirino

Mira Brunello
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La solitudine dei numeri primi, o meglio, di quelli che si sono convinti di esserlo. Carlo Calenda, ad esempio. Ha tentato in tutti i modi di suonarle a tutti ed è finito suonato. Succede a chi tenta un azzardo e si ritrova con Federico Pizzarotti ed un pugno di mosche. Gli ultimi a sbattere la porta, all’incirca cento tesserati del gruppo di Rinascimento Azionista, dirigenti di prima fascia, già candidati alle elezioni politiche e a quelle del Comune di Roma. Convinti alla fine a schierarsi con l’avversario numero uno di sor Carlo, la lista Stati Uniti d’Europa, ed in fondo in fondo con la lunga mano dell’arci nemico Matteo Renzi. Tra loro, anche la professoressa Emanuela Pistoia, preside della facoltà di giurisprudenza all’Università di Teramo e probabile candidata alle europee nella lista di Emma Bonino in quota Libdem Europei (il gruppo di Andrea Marcucci ed Oscar Giannino). Un colpo duro, l’ultimo in ordine di tempo per il partito di Calenda, ora alle prese con una drammatica sopravvivenza legata alle forche caudine del 4%.

 

 

Tutto un altro clima dalle parti di Italia Viva, anche grazie ai risultati che sono arrivati dalla Basilicata, quel quasi 8% della lista Orgoglio Lucano. La conferma, secondo Renzi, che c’è uno spazio politico al Centro. Raggiunto l’obiettivo di disperdere i «parenti serpenti» di Azione, la prossima fermata di Italia Viva è proprio il Pd. O meglio la sua componente riformista che è alle strette. Nomi di prima fila: l’ex capogruppo Simona Malpezzi, la deputata milanese Lia Quartapelle, il torinese Mauro Laus, la senatrice napoletana Valeria Valente, la fiorentina Simona Bonafe, oltre ad una miriade di amministratori locali e regionali. Tutti parlamentari in passato legati all’ex sindaco di Firenze e che con gli anni hanno mantenuto un rapporto con lui. Simona Bonafe ad esempio fu il volto delle primarie del 2012 con Maria Elena Boschi, dell’allora Rottamatore, Simona Malpezzi la protagonista della «buona scuola» durante la stagione di governo. Uno degli ambasciatori più attivi su questo fronte, per l’ex presidente del Consiglio, sarebbe una vecchia conoscenza del Nazareno. Quell’Andrea Marcucci, prima vittima di Enrico Letta ed uscito dal partito proprio con l’arrivo di Elly Schlein. Senza dimenticare l’attuale capogruppo di Italia Viva in Senato, Enrico Borghi, che fu proprio uno degli esponenti più in vista dei riformisti dem, ed amico di lunga data di Lorenzo Guerini.

 

 

Dice ad esempio Davide Faraone, presidente dei deputati di Italia Viva: «La posizione assunta dal Pd sul Jobs act, sulla giustizia, le elezioni in Basilicata, la posizione sulla politica estera e lo pseudo pacifismo, la subalternità al M5S, troppi sono i temi che generano insofferenza tra i riformisti del Pd. Oggi c’è un soggetto politico che può accoglierli, coerente e lineare sulle questioni più importanti: gli Stati Uniti d’Europa», insomma più esplicito di così è difficile. Per dire che l’invito è partito da tempo, ora si aspettano le risposte. Prima o subito dopo le elezioni europee. Ad esempio sulla querelle sul simbolo, Renzi, a proposito di Elly Schlein, scandisce: «Voleva dimostrare la propria forza, ha mostrato la propria debolezza. Mi spiace per lei». Ed ancora: «Cosa deve fare il Pd? Svegliarsi e smettere di essere subalterno a Conte». Il non detto è che visto che «il Pd non si sveglierà, vi accoglieremo a braccia aperte noi». E chissà se poi alla fine si «ritroveranno tutti al Roxy Bar», come cantava Vasco Rossi.

 

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