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Intervista a Procaccini: “Sui migranti il Pd è isolato in Europa”

Pietro De Leo
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«In Europa si è creato un paradosso: l’accordo tra Italia e Albania sull’immigrazione ha isolato non il nostro governo, ma il Pd». E’ quasi una rasoiata la constatazione che, al taccuino del Tempo, espone Nicola Procaccini, co presidente del gruppo ECR all’Europarlamento, eurodeputato di Fratelli d’Italia.

Al congresso del Pse, il cancelliere tedesco Scholz, socialdemocratico, ha detto di seguire con attenzione all’intesa tra Roma e Tirana. Che segnale è?
«Oramai sia all’interno dell’Unione, sia più in generale nello spazio europeo se pensiamo al leader laburista inglese Starmer, non esiste più un partito socialista che non abbia acquisito la consapevolezza della necessità di contrastare con maggiore incisività l’immigrazione clandestina. C’è solo un’eccezione nella sinistra "moderata": il Pd, che infatti si sta spingendo, a livello europeo, sulle posizioni che sono più bagaglio di "The Left", la famiglia della sinistra radicale. Peraltro, sa chi è il ministro dell’immigrazione con posizioni più perentorie, in Europa? E’ il danese Tesfaye. Di sinistra, ha origini etiopi».

Visto che siamo in tema, anche la Danimarca voleva fare un accordo con il Rwanda peri richiedenti asilo. E ne ha stretto uno con il Kosovo per inviare nelle carceri di quel Paese una quota di detenuti extracomunitari. Dal Pd italiano non si sono sentiti strali. Forse si sollevano solo quando c’è da attaccare il governo italiano?
«Evidentemente sì. E registro un atteggiamento contraddittorio anche riguardo alle scelte del recente passato adottate anche in governi guidati dal Pd. La linea dell’allora ministro dell’Interno Marco Minniti è stata sconfessata da Elly Schlein, mettendo in imbarazzo figure come Lorenzo Guerini. L’idea è che il Pd, ormai, sia a metà tra il centro sociale e l’assemblea studentesca. Il tema dell’immigrazione illegale, se non affrontato con severità, rende impossibile anche la gestione dell’immigrazione legale».

 

 

A proposito di contraddizioni. Elly Schlein dal palco di Piazza del Popolo ha mandato «un abbraccio» al primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, che ha trovato un accordo per fare un governo. Questo non smentisce le istanze precedenti della sinistra europea, considerando le forze con cui Sanchez si è alleato?
«Sanchez, pur non avendo i numeri, perché sostanzialmente ha perso le elezioni, ha fatto accordi con partiti di estrema destra. Perché di fatto il partito basco e quello catalano hanno quell’identità lì. Inoltre si tratta di partiti che hanno come ragione sociale la secessione di una parte della Spagna. Trovo poi sconcertante che si sia espresso a favore di questo abominio il vice presidente della Commissione Europea Gentiloni, quando qualche ora prima il commissario per la sicurezza Rynders aveva inviato una nota al governo Sanchez esprimendo forti perplessità riguardanti la legge sull’amnistia, che costituisce il fulcro dell’accordo del nuovo governo».

Insomma, lei definisce uno scenario di cortocircuito a sinistra.
«Esattamente. Ondeggia tra posizioni che sono ideologiche e posizioni di estremo cinismo politico quando in ballo c’è la convenienza di partiti vicini. E sta anche passando sotto traccia l’ultimo scandalo della sinistra europea, che ha portato alle dimissioni un suo esponente di primissimo piano, il Capo del governo Portoghese Antonio Costa. Una figura importante, tra i candidati a ricoprire la carica di Presidente del Consiglio Ue nel prossimo rinnovo delle cariche. Ormai, se contiamo quali sono i Paesi europei guidati dalla sinistra, non arriviamo forse neanche a utilizzare tutte le dita di una mano».

 

 

Il voto sul regolamento Euro7 all’Europarlamento ha visto maturare una maggioranza che va da Ida Renew. E’ qualcosa di sporadico o dobbiamo guardarlo in prospettiva per dopo le elezioni europee?
«Da mesi sto spiegando che, in realtà, una nuova maggioranza in Parlamento europeo si è già formata su molti temi, da un green new deal che sia meno ideologico e più ragionevole, sino al contrasto dell’immigrazione illegale. Le previsioni in vista delle elezioni europee tratteggiano uno scenario ancor più favorevole. Leggo su molti giornali di sinistra che l’attuale assedi guida delle istituzioni comunitarie non si sposterà. Ma io credo ci siano buone possibilità che invece possa cambiare. Basta aspettare qualche mese e vedremo».

E un’eventuale nuova maggioranza può comprendere anche Renew?
«Sicuramente alcune delegazioni. Poi anche lì, come nelle altre famiglie europee, ci sono varie sensibilità».

 

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