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Migranti, come funziona il protocollo Italia-Albania. Ecco le prime stime

Christian Campigli
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Un accordo storico. Un passaggio fondamentale, per arginare il numero di sbarchi di immigrati giunti nel nostro Paese. Un'intesa bollata dalla sinistra italiana da salotto come razzista, folle ed ingiusta. La firma del protocollo tra Italia e Albania permetterà di spostare a Tirana almeno 36mila persone l'anno. Verranno costruiti due centri di accoglienza, ciascuno dalla capienza massima di 1500 persone, all’interno dei quali i migranti dovrebbero rimanere meno di un mese. Saranno escluse le donne, i bambini e tutti i migranti giunti da nazioni considerate “non sicure”. Questo è, in realtà, il nodo centrale dell'accordo. Un passaggio da comprendere con grande attenzione.

 

 

Secondo il decreto legislativo 25 del 2008, “uno Stato non appartenente all'Unione Europea può essere considerato Paese di origine sicuro se, sulla base del suo ordinamento giuridico, dell'applicazione della legge all'interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che, in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione, né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, ne' pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. La designazione di un Paese di origine sicuro può essere fatta con l'eccezione di parti del territorio o di categorie di persone”.

 

 

In base a quanto detto, e prendendo in esame i principali Paesi di origine dei migranti che, abitualmente, arrivano sulle nostre coste, saranno certamente esclusi Burkina Faso, Bangladesh, Egitto e Guinea. Al tempo stesso, verranno senza dubbio trasferiti gli uomini che giungono, ad esempio, da Costa d'Avorio e Tunisia. Non va inoltre dimenticato che, nell'ultimo anno, il 72% dei migranti sbarcati sono uomini. Se si prende a riferimento il 2023, sarebbero trasferibili in Albania, già oggi, oltre quindicimila persone. 

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