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Scherzo telefonico, Mantovano: "Meloni è un obiettivo della propaganda di Putin"

Luigi Frasca
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Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano è tornato sullo scherzo telefonico, organizzato da due comici russi, a Giorgia Meloni. «Meloni è un target per Putin, i fatti degli ultimi giorni lo confermano - ha spiegato Mantovano- C’è stato un tentativo di farle fare qualche errore di comunicazione che invece non c’è stato perché Meloni dice in privato le stesse cose che dice in pubblico». Detto questo il sottosegretario considera «chiuso il caso dello scherzo telefonico alla premier Giorgia Meloni dopo le dimissioni del consigliere diplomatico Talò che con dignità si è fatto carico della responsabilità dell’accaduto».
Venerdì la premier ha comunicato durante la conferenza stampa successiva al Consiglio dei ministri che l’ormai ex consigliere diplomatico di Palazzo Chigi, Francesco Talò, aveva rassegnato le dimissioni.

 

 

Più in generale ha ricordato Mantovano «siamo in un contesto in cui, a partire dall’invasione dell’Ucraina, le minacce cyber e ibride come questa della finta telefonata si sono moltiplicate ma il nostro sistema è certamente attrezzato a fronteggiare questo tipo di minacce», ha aggiunto il sottosegretario spiegando che «le intromissioni russe nei nostri sistemi sono all’ordine del giorno, ne aspettiamo altre da qui alle elezioni europee perchè questa è la nuova frontiera della guerra». Per quanto riguarda il fronte interno il nodo da risolvere per la maggioranza è la riforma del premierato con le opposizioni che promettono barricate fuori e dentro il Parlamento. Per Elly Schlein quella presentata dall’esecutivo è una «riforma pasticciata e pericolosa», varata proprio adesso per gettarla «come un fumogeno per distogliere l’attenzione da una manovra che sbugiarda la loro propaganda elettorale e non dà risposte al Paese».

 

 

E promette un’opposizione dura: «Non glielo permetteremo, daremo battaglia a cominciare dall’11 novembre in piazza del Popolo a Roma». Stessi toni usati anche da Giuseppe Conte leader del Movimento 5 Stelle per il quale la maggioranza si deve convincere «a modificare in Parlamento» il disegno di riforma costituzionale che ora è «un modello ibrido e confuso, un ircocervo che non esiste in nessun’altra nazione; distrugge l’equilibrio dei poteri e rende il capo dello Stato nient’altro che un passacarte». E avverte che se non verrà modificato «si andrà a schiantare nel referendum confermativo». La ministra delle Riforme Elisabetta Casellati apre a modifiche purché siano «coerenti con la ratio della riforma».

 

 

Per la ministra il Parlamento «è il luogo naturale del dibattito politico per cui un testo non può mai considerarsi blindato. Se le modifiche saranno coerenti sono pronta a discuterle. L’importante è che l’approccio delle opposizioni non sia pregiudiziale nel senso che il dialogo non si traduca in un monologo». Il presidente del Senato Ignazio La Russa non nasconde di sperare in una maggioranza dei due terzi in modo da non dover neanche passare da un referendum: «È difficile ma io ci spero e lavorerò per questo obiettivo. Se le opposizioni vogliono migliorare la legge troveranno ascolto se invece preferiscono non cambiare nulla lasciando che siano gli accordi politici, a volte poco trasparenti, a scegliere i premier, non arriveremo ai due terzi. A quel punto sarà il referendum a decidere».

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