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Testamento Berlusconi, nessuno reclama l'eredità social del leader

Domenico Giordano
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Nel testamento vergato da Silvio Berlusconi e affidato nelle mani del notaio Arrigo Roveda di certo c’erano dettagliate le disposizioni per l’intero patrimonio materiale del Cavaliere, mentre, molto probabilmente nessuna volontà diretta o esplicita, un solo rigo di considerazione è stato inserito per quello digitale. Sì, perché da quando ciascuno di noi, a prescindere dall’essere una celebrità, un leader o cittadino comune, vive la doppia identità fisica e digitale, o un’identità terza, onlife direbbe Luciano Floridi, al momento del trapasso le lascia comunque incustodite. Solo che nella prima dimensione, quella fisica e materiale, c’è una consolidata cornice normativa che ci consente di farla sopravvivere trasferendola agli eredi, mentre nella seconda, quella per l’appunto digitale e fluida, il patrimonio digitale costruito solitamente non viene reclamato da nessuno e lasciato alla deriva nell’oblio dell’info-sfera. Certo, c’è da dire anche che le piattaforme, seppur in modo diverso, hanno comunque previsto da tempo una serie di protocolli che consentono di popolare post mortem gli account, di tenerli attivi continuando a pubblicare dopo averli trasformati in «pagine commemorative» o dopo aver seguito la procedura per la nomina di un «contatto erede». Però, per lo più c’è la tendenza ad abbandonare l’account al suo destino, a lasciarlo galleggiare nei Campi Elisi lastricati di silicio senza alcuna gestione.

 

 

La fanpage di Koby Bryant, il campione NBA deceduto improvvisamente in un incidente aereo, ha 21 milioni di follower ma è ferma al 9 gennaio del 2020, così come, non pubblica più nulla dal 7 luglio 2022 il profilo Facebook dell’ex premier giapponese Shinzo Abe, assassinato il giorno dopo al termine di un comizio elettorale. Ma, come loro, navigando sulle piattaforme social ne troveremo davvero tanti. Forse, questa può sembrare una questione marginale, ma non lo è affatto, soprattutto quando parliamo di account di leader con milioni di follower che hanno un loro valore economico e anche politico. Quelli di Silvio Berlusconi sono fermi al 5 giugno, una settimana prima del decesso, e ancora oggi hanno una platea complessiva di oltre 2,8 milioni di follower. L’account Instagram ne conta 615 mila follower, quello di X-Twitter altri 285 mila e TikTok poco più di 813 mila. Mentre la pagina Facebook, aperta il 6 maggio del 2010, ha attualmente un pubblico di 1.146.056 follower, tutti lasciati alla deriva. Il punto, sia ben chiaro, non è il numero di follower orfani del leader. Ci mancherebbe. Allora, è il caso di fare tre brevi considerazioni.

 

 

Innanzi tutto è opportuno tener presente che i nostri post hanno un valore economico, comunemente calcolato moltiplicando il numero di persone raggiunte per un CPM medio, un costo per mille persone, per il marketing online. Il risultato è il valore pubblicitario dei post. Per avere un parametro attendibile, attualmente la fanpage di Meloni, che conta 2,8 milioni di follower, dall’inizio dell’anno vale 5,2 milioni di euro, quella di Giuseppe Conte arriva a 5,1 milioni di euro mentre Matteo Salvini raggiunge la cifra di 7,1 milioni di euro. In secondo luogo, in particolare per i leader politici, i canali social possono essere delle frequentate mete di pellegrinaggio da parte dei follower più attivi e tener così vivo un rapporto di militanza virtuale. Un tesoretto da mettere in cassaforte per i momenti elettorali. Infine, gli account, con la loro dote di follower a sei zero, potrebbero essere sfruttati cambiando il nome alla pagina a vantaggio di altri leader o del partito stesso. Diversamente, nel caso di Silvio Berlusconi che si identifica ipso facto con la sua creatura politica, si potrebbe scegliere di continuare a postare contenuti tematici in modo da avere dalla lettura delle interazioni una serie di indicazioni sulla condivisione o meno delle scelte politiche fatta proprio dal partito. Solo che al momento, a tre mesi dalla morte (e dal testamento che ha previsto un lascito di 100 milioni a Marta Fascina), nessuno sembra interessato a reclamare l’eredita social del Cavaliere.

 

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