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Corteo Cgil a Roma, Maurizio Landini in piazza contro la sinistra

Edoardo Romagnoli
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«Negli ultimi 20 anni sono stati tagliati 40 miliardi alla sanità pubblica, al ministro della Salute abbiamo detto che vogliamo cambiare strada. È ora di dire basta. Ci siamo stancati. Basta ai tagli sulla sanità, alle liste d’attesa infinite, alla precarietà. È ora di cambiare». L’attacco di Maurizio Landini, segretario della Cgil, viene dal palco allestito in piazza del Popolo tappa finale della manifestazione di ieri a Roma «Insieme per la Costituzione. Articolo 32 Salute diritto fondamentale delle persone e delle comunità». Non c’è dubbio che negli ultimi anni la sanità pubblica abbia subito dei tagli. Landini ha ragione, anche se i numeri, pubblicati in uno studio dettagliato della Fondazione Gimbe sul decennio 2010-2019, non sono esattamente quelli riportati dal segretario. Secondo il report Gimbe, Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze, negli ultimi 10 anni i fondi alla sanità pubblica hanno subito dei tagli per 37 miliardi di euro. Peggio di noi solo Grecia, Spagna e Portogallo. Il fatto è che, a ben vedere, negli ultimi dieci anni, tranne un anno del governo Berlusconi IV, si sono succeduti i governi: Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte I e Conte II. In pratica su sei governi cinque sono riferibili a Pd e Cinque Stelle. La domanda quindi sorge spontanea: esattamente contro chi protestavano Conte e Schlein in piazza? Sì perché alla manifestazione della Cgil si sono ritrovati insieme, di nuovo, il leader Cinque Stelle e la segretaria dem accompagnata da una delegazione in cui c’erano, fra gli altri, anche: Beatrice Lorenzin, ministro della Salute dei governi Letta, Renzi e Gentiloni, Roberto Speranza, ministro della Salute nei governi Conte e Draghi, Sandra Zampa che ha ricoperto il ruolo di sottosegretario al Ministero della Salute nel governo Conte.

Tutti personaggi che, chi più chi meno, hanno avuto accesso alla «stanza dei bottoni» nella sanità. Se, giustamente, adesso protestano per i tagli verrebbe da chiedersi il motivo per cui non hanno fatto qualcosa quando potevano farlo. Anche perché le idee su cosa fare e come farlo sembrano essere chiare. Lorenzin in piazza ha illustrato la ricetta: «Abbiamo bisogno di almeno 5 miliardi strutturali per il Fondo sanitario nazionale, per finanziare il sistema e riformarlo, per fare una riforma del personale sanitario, per garantire salari adeguati e qualità della professione, per riformare la medicina del territorio e dare piena attuazione del Pnrr, per garantire l’accesso alle terapie, per fare una riforma della programmazione sanitaria e della prevenzione e, soprattutto, per eliminare tutte le insopportabili disuguaglianze in Sanità tra il Nord e il Sud». Giusto ma allora perché non lo ha fatto quando era al Ministero? Forse perché, in realtà, alla base dei tagli non ci sono delle scelte politiche che hanno indirizzato i fondi su altri settori ma la necessità di «stringere la cinghia» in un Paese dove la stagnazione della ricchezza complessiva prodotta ha ridotto le risorse a disposizione. Chissà se i dem assenti in piazza oggi non abbiano deciso di evitare la piazza proprio perché consci del rischio di trovarsi a manifestare contro ciò che non è stato fatto, anche da loro.

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