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Renzi-Calenda, un vademecum per non litigare: stop agli insulti

Luigi Frasca
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«Nessuna randellata oggi tra me e Matteo Renzi». Nel Terzo Polo ormai la normalità diventa eccezione e così Carlo Calenda esulta per non aver litigato con il suo alleato, almeno per oggi. Solo qualche sera fa i due hanno firmato una «tregua armata» che prevede una serie di «clausole» per una pace duratura. Trattative che sono potute iniziare solo grazie alla caduta del cosiddetto «veto Floris» con cui Calenda aveva rifiutato l’idea di presentarsi insieme a Renzi alle europee del 2024. Vediamo qualche clausola.

 

 

Intanto basta con «tutte le iniziative ostili e gli attacchi mediatici diretti e indiretti». Anche perché il rischio è quello di «farsi ridere dietro dall’Italia» come ha ricordato la capogruppo al Senato Raffaella Paita. Sono stati mesi in cui i due leader si sono punzecchiati continuamente sui social, sui giornali e nei talk. Calenda tirando in ballo i legami dell’ex premier con l’Arabia saudita e Renzi accusando l’ex ministro dell’Economia di «aver sbagliato le pillole». Ora non sarà più possibile, o meglio, se qualcuno dei due continuerà a farlo rischia di far saltare tutto. Sembrerebbe che anche «i passaggi di casacca» da un partito all’altro siano finiti nella trattativa. A quanto pare da Azione la richiesta è quella di non «spettacolarizzare» i nuovi acquisti pescati dalle liste dell’alleato. Anche perché, sempre secondo i calendiani, quando Azione ha «scippato» qualcuno a Italia Viva non ha fatto conferenze stampa per annunciarlo urbi et orbi come ha fatto, anche di recente, Renzi. Sarebbero però ammesse delle card sui social per annunciare i neo acquisti. Una clausola utile solo a «regolare» formalmente la comunicazione dei passaggi da un partito all’altro che però non frenerà questo moto continuo.

 

 

È infatti delle ultime ore il passaggio del consigliere comunale di Parma Matteo Ferroni da Azione a Italia Viva. «I senatori di Azione e Italia Viva invitano i singoli senatori del gruppo ad attenersi ai principi di lealtà e correttezza come previsto dall’art. 14 del Regolamento del Gruppo». In attesa della tappa romana di Renew Europe di stasera, già si muove qualcosa. Enrico Borghi, neo entrato in Italia Viva dopo aver lasciato il Pd, infatti potrebbe prendere il posto di Raffaella Paita come capogruppo al Senato e anche alla Camera qualcosa potrebbe cambiare. Ormai è sempre più chiaro che il Terzo Polo sia appeso a un filo su cui simul stabunt, simul cadent.

 

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