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Guerra infinita nel Pd: si litiga pure sui vice capogruppo

Christian Campigli
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Una leadership sempre più debole. Nonostante gli annunci, le armocromie e le interviste nei rotocalchi patinati. Un gioco di potere (e di seggiole) da Prima Repubblica, che rischia di costare ai progressisti una delle quattro regioni rimaste a sinistra. Oltre alla faccia. Elly Schlein non riesce a venire a capo dell'affaire De Luca. Il potente governatore della Campania, subito dopo la sua nomina, non ha esitato ad attaccarla. Pubblicamente. In realtà, quello che poteva apparire come uno scontro ideologico e culturale altro non era che un primo avvertimento. Un messaggio squisitamente politico. L'ex sindaco di Salerno ha un enorme potere in Campania, regione nella quale si voterà tra due anni. Nonostante sia al suo secondo mandato (e quindi non ricandidabile), De Luca può determinare la vittoria o la sconfitta del Pd. Uno scenario che il neo segretario sta imparando a comprendere. Il rischio di perdere una delle (quattro) regioni rosse rimaste è troppo alto per poter scherzare con il fuoco. Ieri però la prudenza si è trasformata in autentico terrore. E, per quanto i progressisti non amino i leader decisionisti, i tentennamenti della Schlein non sono certo passati inosservati.

 

 

Alla base della contesa il ruolo del figlio del dominus campano, Piero De Luca, attuale vice capogruppo dem alla Camera. Ieri si sarebbe dovuta tenere l'assemblea dei parlamentari. Rinviata, al contrario, per la terza volta consecutiva. All'ordine del giorno, il via libera agli uffici di presidenza del gruppo parlamentare. Il neo segretario vorrebbe, attraverso la conferma di De Luca junior, mandare un messaggio di pacificazione al potente genitore. Una scelta che, dentro il partito non piace affatto. Correnti, giochi di poteri e lotte fratricide. Il solito vecchio Pd, nel quale, come ricordava Tomasi di Lampedusa, tutto deve cambiare perché nulla cambi. La sinistra interna al partito ha fatto sapere alla Schlein di essere in totale disaccordo con la proposta messa nero su bianco dal capogruppo, Chiara Braga.

 

 

Un'idea di lavoro che prevedeva, oltre alla conferma di Piero De Luca, l'inserimento del senatore Alfredo Bazoli al posto di Alessandro Alfieri. Anche i (pochi) riformisti rimasti hanno minacciato di votare contro. Uno scenario da incubo, che rischiava di ufficializzare il segreto di Pulcinella: la (presunta) ritrovata unità del Pd è solo un miraggio, un sogno irraggiungibile. Oggi, secondo quanto emerso da una nota del Partito Democratico, alle 13 i deputati si riuniranno per eleggere l’ufficio di presidenza del gruppo alla Camera. Dopo tre rinvii, sarà (finalmente) la volta buona?

 

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