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Foti (FdI): "Il movimentismo porta il Pd a ispirarsi più al '68 che al 2023"

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Pierpaolo La Rosa
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«Avrei fatto volentieri a meno di essere oggi (ieri, ndr) alla Camera non certo perché non ci fossero cose da fare, ma avrei di gran lunga preferito che l’incidente successo l’altro ieri non si fosse verificato. E’ un incidente per cui penso che non vi debbano essere imbarazzi nella maggioranza: bisogna chiedere scusa agli italiani, al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ed anche all’opposizione: un dibattito importante, come quello sul Documento di economia e finanza, è stato offuscato dalla mancanza del numero sufficiente per approvare a Montecitorio lo scostamento di bilancio. Ed in termini di stile parlamentare, ricordo che Fratelli d’Italia, quando era all’opposizione, ogni volta che c’è stato uno scostamento di bilancio nell’interesse degli italiani, lo ha sempre votato». Raggiungiamo telefonicamente il capogruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio, Tommaso Foti, uno dei protagonisti della giornata politica di ieri, giorno peraltro del suo compleanno.

Che cosa è successo in Aula, alla Camera, con le opposizioni, in particolare con il Pd, durante il suo intervento sul Def?
«Sullo scostamento di bilancio abbiamo sbagliato e ci prendiamo tutte le responsabilità, ma è falso sostenere, come hanno fatto le opposizioni, che ci sono state delle persone nella maggioranza che hanno fatto il ponte del 25 aprile a casa. Nel gruppo di FdI tre nostri deputati non potevano essere presenti non perché erano andati a fare il ponte, ma perché purtroppo non stanno bene di salute, una persona è stata appena operata. C’è chi poteva esserci in Aula e non c’è stato per superficialità, perché si dava per scontato che non ci fossero problemi. Avrei preferito che dietro a quel voto ci fosse un dissenso politico nel centrodestra: è stata, ripeto, superficialità. Poi, non è che tra le opposizioni ci fossero tutti».

Dispiaciuto che durante la sua dichiarazione di voto sul Def, alla Camera, i colleghi del Partito democratico siano usciti dall’emiciclo?
«In realtà, metà sono andati fuori, metà sono rimasti dentro. Forse dovevano fare un altro Congresso per decidere.
Io ho riletto lo stenografico del mio intervento che è stato politicamente duro, ma non è che i discorsi che mi hanno preceduto fossero stati teneri. Probabilmente, il movimentismo porta gli esponenti del Pd più al 1968 che al 2023».

Cosa si sente di dire al suo collega dem, Nico Stumpo, che si è avvicinato in maniera diciamo così pericolosa ai banchi di Fratelli d‘Italia?
«Guardi, non mi piace mettere all’indice le persone. Ed alla collega Debora Serracchiani, con cui ho un rapporto molto cordiale, al di là delle differenze politiche, ho detto semplicemente: chiedete sempre le dimissioni di tutti, poi capita il giorno in cui ti devi dimettere tu. Il mio non è stato un attacco alla persona, ma una considerazione politica».

I deputati del Pd hanno anche abbandonato i lavori della commissione Giustizia per la presenza di Delmastro...
«Non mi piace questa presunzione di colpevolezza nei riguardi di Andrea Delmastro, che è un sottosegretario alla Giustizia, nel pieno delle sue funzioni, che rappresenta il governo in commissione. Dopo quattro mesi dalla vicenda Donzelli, un atteggiamento così barricadero mi sembra censurabile sotto il profilo istituzionale».

È necessario rivedere i quorum alla Camera, alla luce del taglio dei parlamentari, per evitare quanto accaduto sullo scostamento di bilancio?
«Anche qui, gli esponenti del Pd hanno capito fischi per fiaschi di quello che ho detto in Aula. Ne avevamo già parlato, non voglio cambiare niente, non voglio fare polemiche, ho posto semplicemente un problema». Come giudica questo continuo ricorso all’Aventino da parte sempre del Pd, che non ha partecipato alla votazione per l’elezione dei membri laici delle magistrature speciali? «Penso che ognuno si scelga l’isolamento che preferisce. Se questa sarà una strategia vincente, lo si vedrà solo alle fine. Vorrei, però, ricordare che la parola stessa Parlamento indica il confronto». 

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