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Raggi vuole un referendum che non si può fare: gaffe su armi e Ucraina

Edoardo Romagnoli
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Virginia Raggi è tornata e ha deciso di fermare la guerra. Come? Con un referendum. Lo ha annunciato con un post su Facebook: «In questi giorni ho ricevuto una proposta dal professor Tutino e dal professor Ugo Mattei per collaborare la campagna referendaria che partirà il 22 aprile in tutta Italia per chiedere con forza di fermare l’invio di armi verso Paesi belligeranti e di fermare, così, anche il crescente aumento delle spese militari e, per converso, di riportare la Sanità pubblica al centro delle scelte strategiche e degli investimenti sul comparto sanitario». Come stabilito dall’articolo 75 della Costituzione per indire un referendum popolare che deliberi l’abrogazione, totale o parziale, di una legge ci vogliono 500 mila firme e «possono partecipare tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati». Per l’ex sindaca di Roma «in questo momento di crisi partitica che ci restituisce dati drammatici sull’astensionismo elettorale, riportare le persona a confrontarsi nelle pubbliche piazze su temi reali, è fondamentale esercizio di democrazia e partecipazione di cui il nostro Paese ha davvero bisogno».

 

 

L’iniziativa della Raggi ha scatenato una serie di reazioni. Il senatore Pd Filippo Sensi ha twittato: «Leggo che la peggiore sindaca di Roma dai tempi di Porsenna appoggia un referendum contro l’invio delle armi all’Ucraina». È intervenuta anche la deputata di Azione Daniela Ruffino che ha scritto: «L’ex sindaca di Roma Virginia Raggi non conosce la Costituzione altrimenti eviterebbe di perdere e far perdere tempo a migliaia di cittadini ai quali chiede di firmare la richiesta di referendum per bloccare l’invio di armi all’Ucraina».

 

 

L’onorevole si riferisce all’articolo 75 della Costituzione che al terzo comma recita: «Non è ammesso il referendum per ratificare trattati internazionali». E l’invio di armi in Ucraina ricade esattamente all’interno di questa casistica visto che «il governo italiano agisce di concerto con i Paesi dell’Alleanza atlantica e dell’Unione europea». Se dovesse essere confermata la tesi della Ruffino quello della Raggi non sarebbe stato esattamente un grande ritorno.

 

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