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Ucraina, Meloni va avanti spedita sulle armi. Allerta Lega per missili a lungo raggio e caccia

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L’ok, per parti separate, alla risoluzione unitaria del centrodestra in Senato, fa venire a galla alcune distanze tra gli alleati di Giorgia Meloni sul tema delle armi da inviare alla resistenza ucraina. Lega e Forza Italia non mancano di sottolineare posizioni non del tutto convergenti: i salviniani esprimono dubbi sui rischi di escalation militare, i berlusconiani spingono «per una soluzione politica». «Con la mia presenza a Kiev ho testimoniato il pieno sostengo all’Ucraina - dice la premier Meloni, parlando in Aula al Senato nelle comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo - un sostegno che verrà assicurato in ambito militare, civile umanitario senza badare all’impatto che queste scelte possono avere sul consenso, sul gradimento della sottoscritta. Continueremo a sostituire l’Ucraina perché è giusto farlo». Nel merito ha poi spiegato che l’Italia ha «formalizzato un sesto pacchetto di aiuti militari», con invio di armi che «rafforzano soprattutto le difese aeree» di Kiev contro gli assalti della Russia. 

 

 

Parole che non sembrano lenire del tutto i timori della Lega di Matteo Salvini. Nelle dichiarazioni di voto il capogruppo del Carroccio Massimiliano Romeo lancia l’allarme escalation militare: «Siamo preoccupati - dice - per come stanno andando le cose sul fronte della guerra tra Russia e Ucraina». «Il problema - osserva Romeo - non è il sostegno militare all’Ucraina ma una corsa ad armamenti sempre più potenti, con il rischio di un incidente da cui non si possa più tornare indietro. Siamo certi che una escalation del conflitto riuscirà a tenere lontana la guerra dall’Europa e dal nostro paese?», si chiede con un chiaro riferimento alle parole di Meloni, che proprio quella tesi ha sostenuto («Le armi le inviamo anche per tenere lontana la guerra da casa nostra»). «Davvero qualcuno pensa di sconfiggere militarmente la Russia? La storia dovrebbe insegnare qualcosa e chi dimentica la storia è condannato a ripeterla», l’affondo dell’esponente del Carroccio, che rincara: «Che libertà è quella che criminalizza qualsiasi idea che si discosti anche di un millimetro dal pensiero dominante? Assomiglia più a una dolce tirannia».

 

 

Romeo però minimizza qualsiasi possibile caso dopo le accuse del Pd: «Le opposizioni non sanno più cosa dire... Esprimere preoccupazione per un pensiero dominante non mi pare una sconfessione. Nel mio intervento ho detto che crediamo nel governo, che siamo con la premier e siamo convinti che difenderà gli interessi dell’Italia» ma «il problema è l’utilizzo di armi sempre più potenti» come missili a lungo raggio e caccia, «è qui che si rischia l’escalation. Mi sembra molto chiaro». «Non abbiamo nessun interesse a mettere in difficoltà Meloni, i nostri sono solo consigli. Tutto qua. Nessuna polemica e nessuna linea diversa. Chiediamo solo una maggiore attenzione alla fase diplomatica, nulla di scabroso», puntualizza il presidente dei senatori della Lega, secondo il quale «è normale» che nella coalizione di centrodestra esistano «sensibilità diverse. Ma questo - rimarca Romeo - vale in tutto il paese e in tutti i partiti. Anche nell’opposizione. Nel Pd si preoccupino di spiegare la linea alla Schlein...». In buona sostanza: avanti con il sostegno a Zelensky, ma senza «superare una certa linea ‘rossa’» che per Romeo e per la Lega è l’invio «di armi come missili a lungo raggio o caccia. Strumenti che rischiano di inasprire il conflitto».

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