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Gianfranco Fini rinnega la famiglia Tulliani: ingannato sulla casa di Montecarlo

Christian Campigli
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Un cambio di prospettiva netto e ben delineato. Sorprendente, per certi versi. Un dito puntato contro una persona fino ad ora sempre, strenuamente difesa. Gianfranco Fini, tornato a parlare dell’affaire della casa di Montecarlo dopo anni di silenzi, ha rinnegato, per la prima volta, la moglie e la famiglia Tulliani. «La vendita dell’appartamento di Montecarlo è stata la vicenda più dolorosa per me, sono stato ingannato da Giancarlo Tulliani e dalla sorella Elisabetta. Solo nel dicembre 2010 ho scoperto che il proprietario della casa era Tulliani e ho interrotto i rapporti con lui». Uno degli aspetti che rende queste dichiarazioni così importanti è che sono state articolate in un’aula di un tribunale, quello di Roma, nello specifico. Nel corso del processo per riciclaggio che lo vede imputato insieme, tra gli altri, alla sua compagna Elisabetta Tulliani, il fratello Giancarlo Tulliani e il padre Sergio Tulliani. «Anche il comportamento di Elisabetta mi ha ferito - ha aggiunto Fini - ho scoperto solo dagli atti del processo che lei era comproprietaria dell’appartamento e poi appresi anche che il fratello le bonificò una parte di quanto ricavato dalla vendita. Tutti fatti che prima non conoscevo. Sono stato coinvolto in questo processo in seguito a decine di dichiarazioni false fatte da Amedeo Laboccetta per un astio politico, nei miei confronti, che era ben noto». Un’accusa alla quale il presidente dell’associazione culturale Polo Sud ed ex deputato di centrodestra, ha risposto per le rime. «Io non ero mosso da astio. La mia è stata un’iniziativa politica, che ho descritto nei minimi particolari in un libro pubblicato nel 2015 nel quale io accuso Gianfranco Fini e Giorgio Napolitano di aver orchestrato un vero e proprio colpo di Stato nei confronti del governo Berlusconi. Non ho mai ricevuto né querele né smentite. Che lui ora dica che si trova in un processo per colpa mia o per astio, queste sono accuse risibili».

 

 

 

Per comprendere fino in fondo la portata di questo botta e risposta, che potrebbe riscrivere uno dei passaggi più importanti della recente storia italiana, è necessario fare un salto nel passato. Al centro della vicenda giudiziaria che riguarda l’ex presidente della Camera c’è la vendita della casa di Montecarlo, lasciata in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale, che sarebbe stata acquistata, secondo l’accusa, da Giancarlo Tulliani, attraverso società off-shore, con i soldi di Francesco Corallo. L’imprenditore catanese soprannominato «il re delle slot machine», arricchitosi grazie a una concessione statale ottenuta nel 2004 per installare in Italia decine di migliaia di slot machine. Nell’appartamento monegasco abitava sin dal 2008 Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, compagna di Fini. Una storia che segnò anche la fine politica di un leader che aveva osato sfidare Silvio Berlusconi con quel «che fai, mi cacci» diventato una sorta di cult della politica tricolore. Una vicenda che il nostro quotidiano nel corso degli anni ha raccontato con dovizia di particolari, grazie ai numerosi scoop dell’allora direttore de Il Tempo Gian Marco Chiocci. Fu proprio Chiocci, infatti, a scoprire l’esistenza della casa monegasca.

Tra le figure più controverse vi è certamente quella di Giancarlo Tulliani, il famoso cognato. Che l’ex compagno della sorella, il vulcanico Luciano Gaucci definì come «un ragazzo un poco strano, dove va fa guai, cerca di arrangiarsi, protetto dai genitori e dalla sorella. Questa cima non la vedo. Quando ho capito che non funzionava gli ho tolto tutto». In questi anni la vicenda di Montecarlo ha fatto parlare (e scrivere) molto di sé. Nel 2017 i magistrati affermarono che già dal lontano 2002 «Fini conosceva il reale valore dell’immobile eppure autorizzò la sua vendita a un prezzo che sapeva essere vantaggioso per l’acquirente». Una società collegata a Giancarlo Tulliani. In quei giorni di sei anni fa vennero decisi anche i sequestri di due polizze vita intestate a Fini e del valore di ben un milione di euro. Pochi mesi più tardi, secondo un’informativa della Guardia di Finanza, il «cognato» sarebbe scappato a Dubai «latitante con seicentomila euro di Corallo». Pochi giorni più tardi il rampollo di casa Tulliani venne arrestato proprio nell’eden dei miliardari. Un’inchiesta articolata, che secondo la tesi accusatoria si può riassumere in alcuni semplici passaggi. La latitanza dorata di Giancarlo Tulliani sarebbe stata pagata dal «re delle slot». La casa di Montecarlo, svenduta dal partito di Gianfranco Fini al cognato, sarebbe stata finanziata con i soldi di Francesco Corallo. I conti correnti del parente dell’ex leader di Alleanza Nazionale sarebbero stati riempiti anche grazie all’imprenditore catanese. Accuse, tradimenti e menzogne al centro di un caso che ha fatto il giro del mondo. E che ha segnato la discesa negli inferi (politicamente parlando) di uno dei più importanti leader della Seconda Repubblica.

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