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Gli antagonisti odiano pure il Pd: "Non rappresenta l'antifascismo"

Christian Campigli
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 Un delirio ideologico. Nostalgico, folle e pericoloso. L'errata convinzione che aprire una sede di un'associazione culturale identitaria sia inaccettabile, sventolare la bandiera della Jugoslavia di Tito, il gerarca comunista responsabile delle foibe, sia una normale manifestazione di sana politica. Si è tenuta ieri pomeriggio a Firenze la manifestazione di solidarietà «agli studenti aggrediti dai fascisti al liceo classico Michelangiolo sabato scorso», organizzata dall'estrema sinistra cittadina.

Cinquecento persone circa si sono ritrovate alle sei di pomeriggio nei pressi dello stadio Artemio Franchi, a poche centinaia di metri dalla sede di Fratelli d'Italia, Azione Giovani e Casaggì. «Si è trattato di un'aggressione bella e buona – ha sentenziato Ivan, studente del liceo Castelnuovo, portavoce del corteo – Chi ha picchiato è un fascista, un camerata. Si trovava lì per distribuire volantini, per provocare. Il Partito Democratico non rappresenta affatto le istante dell'antifascismo. Nonostante governi la città non fa nulla per impedire che certe sedi di chiara ispirazione fascista vengano aperte. E non muove un dito per chiuderle».

All'inizio del serpentone i nipotini di Carlo Marx hanno esposto uno striscione inequivocabile. «Liberiamoci dal fascismo e dal governo Meloni». Una confusione che li porta a vedere nemici ad ogni angolo di strada. Nei momenti che hanno preceduto l'inizio del corteo, è girato un volantino, distribuito da alcuni attivisti.

Un foglio A4 scritto da un comune computer, che lanciava però un messaggio spaventoso. «Alfredo Cospito è in sciopero della fame per il 41 bis, un regime di tortura intollerabile e di isolamento, nel quale è stato sbattuto per la sola colpa di essere anarchico. Stragista e terrorista è lo Stato». E mentre la procura di Firenze, sulla base del rapporto presentato dalla Digos della questura toscana, apriva ieri mattina un fascicolo per l’ipotesi di reato di violenza privata aggravata, su un muro poco distante dall'ingresso del Cpa (il centro sociale occupato illegalmente da oltre venti anni) comparivano due scritte agghiaccianti. Nella prima si evocava la propria vicinanza, culturale e politica, all'anarchico pescarese: «Alfredo Libero». A meno di due metri di distanza, un simbolo di morte e terrore che non avremmo mai più voluto vedere: una stella rossa a cinque punte e la scritta Br. Una stagione, quella della lotta armata, che sembrava persa nei meandri del tempo. Ma che, al contrario, rischia di tornare di stringente attualità.

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