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Illustri sconosciuti all'assalto del Pd. Anche il banchiere e l'ingegnere si candidano

Pierpaolo La Rosa
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Tra i candidati alla segreteria del Partito democratico ecco spuntare due nomi nuovi. Il primo è quello del banchiere bergamasco Antonio Guizzetti, 73 anni. «Un underdog», uno sfavorito, come lui stesso si è autodefinito prendendo in prestito il termine utilizzato dal capo del governo, Giorgia Meloni. Dopo essersi iscritto al Pd ad inizio dicembre dell'anno appena passato, Guizzetti - che ha un passato alla Banca mondiale dove ha lavorato per 20 anni, anche insieme all'ex presidente del Consiglio, Mario Draghi - è a caccia delle quattromila firme necessarie per poter partecipare alla corsa per la leadership. Così come al lavoro per raccogliere il numero di sottoscrizioni richieste è Ottavio Romanelli, 46 anni, di Sassano, Comune di poco più di 4.500 abitanti in provincia di Salerno, di professione ingegnere.

 

 

«Abbiamo annunciato la nostra candidatura tre volte e per tre volte dal Pd non ci hanno risposto. È il partito a cui sono iscritto dal 2007. Eppure non ci considerano per niente», si è lamentato Romanelli all'«HuffPost». Due perfetti Carneadi, dunque, che una volta raggiunta la benedetta, o maledetta a seconda dei casi, soglia delle quattromila firme, se la dovranno vedere con i più conosciuti Paola De Micheli, Elly Schlein, Stefano Bonaccini e Gianni Cuperlo. Insomma, sei candidati per la successione di Enrico Letta. E qui passiamo ad un altro punto dolente, segno dell'improvvisazione che sta caratterizzando il tormentato, a dir poco, percorso congressuale dei dem. Nei giorni scorsi era stata ventilata l'ipotesi di spostare la data delle primarie per la scelta del segretario, convocate per il 19 febbraio, al 26 dello stesso mese. Uno slittamento di una settimana, legato - veniva spiegato - all'opportunità di non sovrapporre le due scadenze, di distanziare l'appuntamento dei gazebo da quello delle delicate elezioni Regionali in Lombardia e Lazio, fissate per il 12 ed il 13 di febbraio, che si annunciano un disastro per il centrosinistra. Una eventualità di fronte alla quale i candidati si erano espressi in ordine sparso, con ad esempio De Micheli favorevole al rinvio e Bonaccini non proprio entusiasta. «Non inseguiamo voci fuori controllo. Non c'è alcuna variazione sulla tabella di marcia definita. Il percorso è fissato e resta quello», si erano poi affrettate a precisare fonti del Nazareno. L'ennesima testimonianza, se mai ce ne fosse stato bisogno, della confusione che regna sovrana in casa Pd.

 

 

Del resto, quello che sta accadendo tra i candidati sembra essere tutto fuorché una competizione basata sulle idee e sui programmi. Si sta consumando, infatti, una guerra senza quartiere tra le varie correnti del partito, in una resa dei conti di cui al momento approfitta quel Movimento 5 stelle, guidato da Giuseppe Conte, che sta irrimediabilmente erodendo consensi ai dem, come dimostrano gli ultimi, impietosi sondaggi che indicano il sorpasso del M5s ai danni di un Pd alle prese con una crisi di identità che pare inesorabile. Sorprende, infine, che ex ministri, tra i fondatori del Partito democratico, come Andrea Orlando e Dario Franceschini, si siano schierati per Elly Schlein, che viene presentata come una novità, ma che non lo è affatto, considerati i suoi trascorsi da parlamentare europea e da vicepresidente della Regione Emilia-Romagna.

 

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