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Caso Soumahoro, trattamenti spietati sui migranti: “I soldi finivano all'estero”

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Non soltanto la gestione finanziaria sotto la lente di ingrandimento, ma anche quella umana. Dalle carte dell’inchiesta della procura di Latina sulla cooperativa Karibu e le altre società gestite da Marie Therese Mukamitsindo, madre di Liliane Murekatete, compagna di Aboubakar Soumahoro, emerge come la situazione fosse critica per l’accoglienza dei migranti: “Riscaldamenti ridotti in ore notturne o assenti”, “Alloggi fatiscenti con arredamento inadeguato rispetto al numero degli ospiti, mobili rotti, condizioni igieniche carenti”, “Assenza di derattizzazione e deblattizzazione”.

 

 

Come riferisce il Corriere della Sera il gip Giuseppe Molfese ha evidenziato un “illecito meccanismo fraudolento a gestione familiare. Con una gestione contabile non trasparente”. In particolare vengono segnalate sei fatture del 2019 “relative a operazioni inesistenti nei confronti di Jumbo Africa”.  “Ma Jumbo e Consorzio Aid erano in realtà strutture satelliti riconducibili a Karibu”, da qui la contestazione di aver evaso l’Ires per 13.368,42 euro. La Guardia di Finanza scrive a proposito: “La Jumbo non risulta avere dipendenti, non ha presentato il modello 770 per l’anno 2019, ma risulta aver ricevuto dalla Karibu bonifici utilizzati sistematicamente per disporre bonifici anche verso l’estero a vari soggetti. Gli importi contabilizzati sembrerebbero addirittura strumento per veicolare il trasferimento di denaro da Karibu a Jumbo e da quest’ultima all’estero”. Non si spengono le luci dei riflettori, soprattutto degli organi giudiziari, sul caso Soumahoro.

 

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