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Amministratori esposti alla gogna e assolti dopo anni: i numeri dell'inferno

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Pietro De Leo
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Una tagliola che scatta, di frequente, lungo il percorso alla guida di un ente territoriale. E azzoppa gestori della cosa pubblica, mettendoli alla berlina della stampa locale o anche di più, perché l'abuso d'ufficio unisce pubblici amministratori di grandi enti come il Primo cittadino del Comune più sperduto. Per dire, nel corso dei loro percorsi di governo locale furono indagati i sindaci di Roma e Torino, Virginia Raggi e Chiara Appendino. Così come il presidente della Lombardia Attilio Fontana. Tutti assolti, ovviamente, dopo estenuanti bailamme mediatici e scontri politici conseguenti. Assolti, sì, come tanti altri, e altri ancora ne escono archiviati. Alcuni dati Istat risalenti agli anni scorsi ci forniscono il quadro della questione. Prendendo il 2017, per esempio. Erano circa 6.500 i procedimenti aperti per abuso d'ufficio. Tra questi, appena 57 scaturiti in sentenze irrevocabili di condanna. Agganciamo a questi dati quelli del Ministero della Giustizia: al 2018, di 7.133 procedimenti definiti dagli uffici del Gip e del Gup, ben 6.142 sono stati archiviati, e 373 di questi sono andati in prescrizione.

 

 

 

Dunque, una tendenza che deve porre più di una riflessione. Su cui, appunto, si innestano le storie più significative, a tratti paradossali, ma in ogni senso sempre dolorose considerando quel che deve patire un essere umano che finisca nelle maglie di un processo o di un'inchiesta. Ed è opportuno dunque riportare alla memoria la vicenda del fu sindaco di Agrigento, Marzo Zambuto. Indagato per abuso d'ufficio, condannato in primo grado. Si dimette dalla carica. Poi viene assolto in appello. L'accusa sosteneva che avesse acquistato per seimila euro due pagine di un quotidiano per pubblicizzare l'attività della Fondazione Pirandello, che presiedeva. Siccome in un articolo si rivendicavano alcune iniziative assunte dall'amministrazione comunale, per il pm si trattava di campagna elettorale impropriamente condotta a spese dell'ente. Poi, Zambuto si è in parte riscattato con un'esperienza da assessore della Giunta Regionale di Musumeci, ma il peso di quella dimissione per un'inchiesta poi di fatto sconfessata in giudizio rimane. Tra le storie d'archivio si ricorda anche quella dell'ex vicesindaco di Limone, nel cuneese, Guido Pettavino. Messo sotto inchiesta per abuso d'ufficio perché, secondo l'accusa, avrebbe favorito due assunzioni nella società cooperativa che aveva il compito di manutentare i sentieri comunali. Dimesso, anche lui. E poi assolto.

 

 

A volte poi, può capitare che queste vicende si tingano di rosa. E' il caso dell'inchiesta che ha coinvolto il Comune di Corbetta, nell'hinterland di Milano. Qui, il sindaco Marco Ballarini è finito nei guai sempre per abuso d'ufficio, per la nomina della comandante dei vigili urbani. Secondo l'accusa si configurava un conflitto di interessi, perché tra i due ci sarebbe stata una liason extraconiugale. Alla fine, però, sono stati assolti entrambi (la donna era accusata di turbativa d'asta). Il giudice ha riconosciuto che la comandante possedeva tutti i requisiti per ricoprire quel ruolo e, peraltro, che nessun altro aveva partecipato alla «procedura comparativa». In questa breve antologia, poi, a rilevare sono anche i tempi. Ed è esemplare quel che accadde al primo cittadino di Alcamo, Sebastiano Bonventre. La vicenda risale ormai al 2015. Viene messo sotto inchiesta, sempre per abuso d'ufficio, in relazione alla nomina del responsabile dell'Ufficio urbanistica, che secondo i pm era illegittima. Bonventre si dimette. Cinque anni dopo arriva il proscioglimento. Invece sette anni di calvario l'hanno subiti un sindaco, il suo vice e un tecnico comunale a Celle Enomondo, nell'astigiano. I tre sono finiti sotto processo per una modifica nel piano regolatore che consisteva nella «correzione di errore materiale». Un settennato, dunque, prima di arrivare alla parola fine della Cassazione, dopo che già l'Appello aveva assolto gli imputati.

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