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Pd, ipocrisia Bonaccini. Così ufficializza la candidatura alla segreteria: "No alle correnti"

Angela Barbieri
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L'annuncio, come atteso, arriva in mattinata dalla sua Campogalliano, paese della provincia di Modena in cui è nato e in cui è iniziata la sua carriera politica, nelle fila del Pci. Stefano Bonaccini, 55 anni, presidente della Regione Emilia Romagna, si candida alla segreteria nazionale del Partito democratico. Si tratta del secondo candidato ufficiale per la guida del Nazareno, dopo la discesa in campo di Paola De Micheli. Presto si aggiungeranno altri nomi, come quello di Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, anche se il più atteso resta quello della deputata indipendente Elly Schlein, che nei giorni scorsi ha annunciato l'intenzione di partecipare al Congresso, senza però sciogliere la riserva sulla sua candidatura. Ha fatto sapere che prima vuole capire se si tratterà effettivamente di una competizione libera, ovvero non condizionata dalle correnti. Anche se lei stessa sa già di poter contare sull'appoggio dell'ala più a sinistra del partito.

Bonaccini, come previsto, rompe gli indugi il giorno dopo il voto dell'Assemblea nazionale che anticipa le tappe del Congresso, fissando il 19 febbraio la data delle primarie per la scelta del nuovo segretario. «In queste settimane», esordisce Bonaccini davanti ai compagni di circolo e ai numerosi presenti, dentro e fuori la sezione, tra cui Graziano Delrio, «tantissimi mi hanno chiesto di candidarmi. Sento il peso e la responsabilità perché sono consapevole di come il Pd sia necessario per la stessa qualità democratica del Paese. In gioco per la prima volta da quando è nato c'è la vita stessa del nostro partito, e non la mia candidatura o il mio destino personale».

Per il governatore dell'Emilia Romagna, intenzionato a portare avanti il mandato in Regione fino al 2025, «quello che getta sconcerto è l'idea che stavolta ci possa essere la nostra liquidazione, o che ci si possa perdere rispondendo alle sirene di chi, pur essendo all'opposizione come noi, passa tutto il suo tempo ad attaccare il Pd». Di fronte a tutto ciò, sprona, «è inaccettabile restare paralizzati, io credo che il nostro compito sia rialzarci e rimetterci in cammino». Poi, l'attacco frontale alle correnti, alle quali rivendica di non aver mai partecipato e alla quali, dunque, non chiederà sostegno. Nel Pd «serve un gruppo dirigente nuovo e noi lo abbiamo sul territorio, nelle Regioni e nei Comuni. Non possiamo più permetterci di selezionare la classe dirigente attraverso le correnti. Se vogliamo che il cambiamento sia profondo, dobbiamo cambiare metodo, tornare all'antico», la ricetta che indica.

Ciò che Bonaccini non dice è che la sua candidatura è sostenuta da Base riformista, che fa capo all'ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Ed è grazie all'accordo che ha già in tasca con questa corrente se si è convinto a scendere in campo. Non è un caso che dopo l'annuncio di partecipazione alle primarie quasi tutti i complimenti siano arrivati da parlamentari ed esponenti appartenenti a Base Riformista. Tornando al programma, Bonaccini invita il Pd a diventare «un partito da combattimento» e lo esorta a farla finita con «il teatrino politico degli insulti» agli avversari. Certo, il governatore dell'Emilia Romagna sa che il congresso non basterà a risollevare il partito: «Ci aspetta una vera e propria traversata nel deserto. Perché il nostro compito è far tornare ad essere il Pd un grande partito popolare, perno di un nuovo centrosinistra capace di battere la destra nelle urne alle prossime elezioni». Elezioni che andranno vinte nelle urne perché, sostiene, «abbiamo davanti cinque annidi opposizione, ma fra cinque anni dovremo, insieme, aver costruito un Pd che vince. La stagione in cui si sta al governo anche se non si vince è finita».

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