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Nicola Zingaretti si è dimesso dalla Regione Lazio, il Pd punta tutto su Alessio D'Amato

Daniele Di Mario
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Nicola Zingaretti si dimette. Da ieri non è più il governatore del Lazio. E il Pd sceglie Alessio D'Amato perla successione. Sarà l'assessore alla Sanità a correre alla presidenza della Regione, presumibilmente in alleanza con il Terzo polo, ma senza il M5S. Come aveva anticipato mercoledì, ieri pomeriggio il governatore del Lazio, eletto deputato alle elezioni politiche del 25 settembre, firma le proprie dimissioni subito dopo il giudizio della Corte dei conti sul rendiconto generale del 2021 della Regione. La guida di via Cristoforo Colombo viene assunta per l'ordinaria amministrazione dal vicepresidente Daniele Leodori che con decreto indirà le elezioni entro tre mesi. Il Lazio andrà al voto dunque il 12 febbraio (ma non è escluso un accorpamento con altre elezioni regionali al 5 marzo: eventualmente quest'ultimo provvedimento dovrà essere deciso dal Viminale). Fino ad allora Leodori sarà presidente facente funzioni. «Dopo 10 anni lasciamo una Regione migliore di quella che abbiamo trovato-dice Zingaretti- Questo è importante per tutti e in particolare per le ragazze e i ragazzi che dovranno costruirsi un futuro. Voglio dire grazie e dare un immenso abbraccio a una grande squadra che ha servito le istituzioni e i bisogni dei cittadini». Prima di dimettersi, l'ormai ex governatore incontrai dipendenti regionali nell'atrio della sede di via Rosa Raimondi Garibaldi. Un lungo applauso di saluto precede la firma delle dimissioni.

 

 

Nel frattempo, al Nazareno si decide il futuro del Pd nel Lazio. Al termine di un vertice al quale partecipano il segretario nazionale Enrico Letta, il responsabile Enti locali Francesco Boccia, il segretario regionale Bruno Astorre e il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, il Pd decide di virare verso il Terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi, puntando su Alessio D'Amato, esponente Dem sul quale il leader di Azione ha da tempo espresso il proprio gradimento. È la rottura definitiva tra il Pd e il M5S di Giuseppe Conte. La scelta deve passare martedì al vaglio della direzione regionale del Pd, dove si potrebbe decidere anche di ricorrere passare per le primarie (date possibili 11 o 18 dicembre). «Martedì ci sarà la direzione regionale e con la coalizione si deciderà se fare le primarie o meno - spiega Astorre D'Amato è il candidato del Pd e ha la preferenza esplicita di Calenda». Quella dell'assessore alla Sanità «è una candidatura importante e molto forte, poi con la coalizione si deciderà se fare le primarie o meno. Lombardia e Lazio sono scenari distinti. Il Terzo polo vede molto bene la candidatura di Alessio. È una candidatura che unisce anche il Pd». L'avventura di D'Amato non parte però sotto i migliori auspici. Durante la sua convention «Si può fare 2023» al Teatro Brancaccio, alcuni manifestanti del Comitato per il diritto all'abitare, del coordinamento regionale sanità e del movimento contro l'inceneritore, fanno irruzione al grido di «pagherete tutto, pagherete caro». «D'Amato ha contribuito al disastro di questa regione», denunciano.

 

 

Il Brancaccio è gremito. Ci sono Gualtieri e Astorre, il braccio destro di Letta, Marco Meloni, il leader di Azione, Carlo Calenda, la presidente dei deputati di Italia Viva, Maria Elena Boschi, insieme con una nutrita rappresentanza di esponenti locali e nazionali del Terzo polo. Tanti anche gli eletti e dirigenti del Pd: Marianna Madia, Francesco Boccia, il sindaco di Fiumicino Esterino Montino con la moglie, l'ex senatrice Monica Cirinnà, Valeria Fedeli, Walter Verini, Emiliano Minnucci, Luigi Zanda, Enzo Foschi, Erica Battaglia, l'assessore capitolino Maurizio Veloccia, il presidente del XV Municipio, Daniele Torquati. Presenti anche l'ex capo di gabinetto di Zingaretti e Gualtieri, Albino Ruberti, e il direttore generale dell'Umberto I, Fabrizio D'Alba. «Ringrazio il Pd e Nicola Zingaretti per la fiducia che mi ha dato in questi anni e io la metto a disposizione del centrosinistra e del Terzo polo - dice D'Amato nel suo intervento Metto il mio lavoro e la mia fatica a disposizione delle forze del centrosinistra e del terzo polo, delle forze civiche. Facciamo in fretta. Non regaliamo questa Regione alla destra, torniamo a vincere: si può fare. Questi anni di lavoro, questo patrimonio non va sprecato, noi possiamo e dobbiamo vincere. I problemi ci sono e ci saranno, ma devono essere affrontati e superati con soluzioni concrete. L'unità fa parte del nostro dna, ma senza un chiaro impianto riformista che metta al centro il lavoro, lo sviluppo sostenibile e la ripartenza di quell'ascensore sociale fermo da tempo, rischia di diventare demagogia».

 

 

«Lodo la mia disponibilità a candidarmi a partire dal mio partito e dall'intera coalizione del centrosinistra che l'ultima volta ha vinto le elezioni regionali», dice ancora D'Amato che sulle primarie spiega: «Le ho chieste in tempi non sospetti, ma questo è un tema che dovranno decidere le forze del perimetro della coalizione. Adesso le forze politiche devono decidere tempi e modi. Io ci sono. Colgo l'occasione per ringraziare ovviamente Carlo Calenda e il Terzo polo per la stima nei miei confronti». L'allontanamento dal M5S è sancito anche dalle dichiarazioni sul termovalorizzatore di Roma: «Ribadisco quello che ha detto il sindaco Roberto Gualtieri, presentando il rapporto alla città. Sono pienamente d'accordo con il sindaco». La svolta del Pd è compiuta.

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