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La Lega rinvia la resa dei conti. Il vertice dei big conferma Salvini dopo le critiche velenose

Pietro De Leo
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Il momento dei tornanti della storia per la Lega, l’uno dentro l’altro. Così si scopre che l’infausto esito elettorale ne contiene uno altrettanto doloroso sul piano storico. La giostra dei numeri non consegna lo scranno a Umberto Bossi, che dopo 35 anni non sarà in Parlamento. E lui, attraverso il suo staff, fa trapelare la sua linea, «il popolo del Nord va ascoltato», dopo che dall'appuntamento di domenica è arrivato un messaggio «chiaro e inequivocabile». Altra tessera amara, che si unisce a quella, di inizio giornata, di Roberto Maroni, oramai fuori da tempo dalla politica attiva, ma che sul Foglio, nella sua rubrica, scrive che sarebbe necessario un nuovo leader per la Lega. «Io saprei chi eleggere come nuovo segretario. Ma, per adesso, non faccio nomi». Parla anche Roberto Castelli, già ministro della Giustizia nel secondo governo Berlusconi: «sono fortemente critico con la segreteria Salvini», dice parlando a «Un Giorno da Pecora». Con questo clima, ci si avvia, nel primo pomeriggio, al consiglio federale di Via Bellerio. Che, nelle quasi quattro ore di durata, man mano offre un ribaltamento di sensazioni rispetto alle premesse. C’è la foto di gruppo che filtra dall’interno, tutti seduti, sorridenti. Il leader, Matteo Salvini, seduto in prima fila, accanto al Presidente del Veneto Luca Zaia (che l’altroieri aveva chiesto una seria riflessione sul risultato e proprio dalla sua Regione sono arrivate le critiche più dure alla leadership del segretario). E poi c’è quel che trapela da fonti del partito, quando sono passate oramai oltre due ore dall’apertura dei lavori dell’organismo. La discussione è «franca», dicono, tuttavia è emersa convergenza sulla leadership di Matteo Salvini, che non è in discussione.

 

 

Ancora un’altra ora, e una nuova comunicazione dal quartier generale: sì al proseguimento della stagione dei congressi, innanzitutto. E poi molto sul governo. Innanzitutto, viene anticipato che la Lega chiederà di inserire il tema dell’autonomia all’ordine del giorno del primo Consiglio dei Ministri. E questo è in evidente aderenza alla centralità del tema che Luca Zaia ha sottolineato la scorsa settimana a Pontida. Altro aspetto che trapela è la convinzione di poter «recuperare il consenso grazie ai risultati» che la Lega «otterrà nel governo di centrodestra, e Matteo Salvini avrà un ruolo fondamentale». A specificare quel che ciò significa pensa Riccardo Molinari, capogruppo uscente alla Camera e tra i nomi più vicini al segretario, una volta terminata la riunione, incontrando i giornalisti fuori dalla sede. «La richiesta di tutto il direttivo federale - osserva - è che il nostro segretario Matteo Salvini sia protagonista nella prossima compagine di governo, un ministro di peso». Questo, dice, «non è un avviso a Giorgia Meloni, ma un’ovvia richiesta visto che siamo alleati e abbiamo vinto insieme le elezioni. Siamo il secondo partito della coalizione e mi sembra naturale che la Lega chieda che il suo uomo di punta faccia parte del governo. Poi se sarà vicepremier lo vedremo. La richiesta di oggi è che faccia parte del governo con un ruolo importante». Poi specifica: «Credo che convenga a tutti che queste richieste vengano esaudite perché un partito che ha vinto le elezioni insieme agli alleati possa esprimere i ministri che ritiene». Molinari, poi, fa anche un passaggio sulla leadership di Salvini, specificando quanto già trapelato: il ruolo, dice, «non è mai stato in discussione».

 

 

Stessa posizione la esprime Marco Zanni, che guida la compagine leghista all’Europarlamento. «Salvini è il leader della Lega e continuerà ad esserlo. Si riparte, c’è un governo da fare e bisogna capire come farlo al meglio». Dunque, dalla riunione escono tre punti fondamentali: coesione in vista del governo, conferma alla leadership e, appunto, congressi. Istanza, quest’ultima, che pare sia arrivata dai Presidenti di Regione. Tra loro, il friulano Fedriga, sempre all’uscita, dice: «è andata benissimo, faremo i congressi regionali». E a chi gli chiede un secco «Salvini sì o no?» risponde: «Salvini sì». Il collega lombardo, Attilio Fontana, dice che il consiglio «è andato benissimo». Giancarlo Giorgetti e Massimiliano Romeo non rilasciano dichiarazioni mentre Maurizio Fugatti, presidente del Trentino, mostra un eloquente pollice all’insù. Ora, dunque, attenzione in gran parte proiettata alla squadra di governo.

 

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