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Elezioni 2022, Luigi Di Maio sognava in grande. Ora è piccolo e fuori dal Parlamento

Dario Martini
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Era il 21 giugno scorso quando Luigi Di Maio spiegò il motivo per cui lasciava il Movimento 5 Stelle provocando la più grande scissione della storia grillina. Anche gli italiani hanno deciso da che parte stare: non dalla sua. Impegno Civico, la forza politica che Di Maio ha messo in piedi con i fuoriusciti dal M5S grazie all'aiuto di Bruno Tabacci, secondo i le prime proiezioni di ieri notte, non riesce a superare la fatidica soglia del 3% ma è addirittura attorno allo 0,70%. Significa che i suoi parlamentari, a meno che non riescano ad imporsi in qualche collegio uninominale, restano fuori dal nuovo Parlamento. Compreso il leader, che a Napoli Fuorigrotta sarebbe indietro al grillino Sergio Costa, seppur di un pugno di voti. Con il senno di poi, quindi, l'alleanza con il Partito democratico, che generosamente ha tentato di gettargli una scialuppa di salvataggio, non si è rilevata una mossa politica azzeccata. Soprattutto se si guarda alla casa da cui Di Maio è scappato. Fosse rimasto sotto le stesso tetto di Giuseppe Conte oggi non sarebbe in questa situazione.

 

 

L'innamoramento (politico) per Mario Draghi non ha pagato. Anche il fatto di essere il ministro degli Esteri in carica non si è rivelato un fattore "trainante" per Impegno Civico, che fino all'ultimo giorno Di Maio assicurava che sarebbe stato «la rivelazione di queste elezioni». Dalla foto sul balcone di Palazzo Chigi, quella con cui annunciò «la fine della povertà», sono passati quattro anni. La metamorfosi definitiva si è compiuta quando ha detto che «uno non vale più uno», rinnegando così il principio fondante del grillismo. Dietro alla "giravolta delle giravolte" c'era la volontà di non accettare più la regola del doppio mandato che Beppe Grillo e Giuseppe Conte non hanno voluto abolire. Quello è stato il motivo principale della scissione dal Movimento. Che oggi si prende la sua rivincita.

 

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