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Elezioni amministrative? I partiti pensano già al 2023 e alle politiche

Luigi Frasca
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Silenzio. La parola adesso passa alle urne. Si è conclusa ieri con i comizi conclusivi la campagna elettorale per le elezioni amministrative in programma domani (si vota in un'unica giornata dalle 7 alle 23, lo spoglio comincerà lunedì alle 13 dopo quello dei referendum sulla giustizia). Un test importante per i partiti in vista delle elezioni politiche del prossimo anno.

 

 

IL CENTRODESTRA - Si è parlato più delle divisioni che dei candidati e delle città al voto. Ma, in realtà, il centrodestra si presenta unito in coalizione in 21 dei 26 capoluoghi di provincia al voto e si affaccia con moderata fiducia alle Comunali. In primo luogo, perché - almeno sulla carta parte da una condizione di vantaggio se si considera che guida già 18 dei 26 capoluoghi; in secondo luogo, perché conta di vincere al primo turno nelle due principali città al voto, Genova e Palermo. Perla coalizione guidata da Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia, questa tornata elettorale - quasi 900 Comuni al voto per un totale di 8,8 milioni di elettori - appare in discesa rispetto alla precedente, con le sconfitte di Roma e Milano che ancora bruciano. Ma sarà uno spartiacque prima dello scoglio delle Regionali d'autunno in Sicilia, in vista delle quali permangono le profonde divisioni sulla ricandidatura di Nello Musumeci, spinta da FdI, e osteggiata da Lega e FI. Un eventuale buon risultato alle Comunali potrebbe quindi rappresentare l'occasione per mettere un primo mattoncino verso la ricomposizione dell'alleanza. L'analisi dell'esito elettorale poi fornirà inevitabilmente materiale per eventuali riflessioni sullo stato della coalizione e sui rapporti di forza tra i partiti. Per esempio, il voto di lista- anche se amministrativo- potrà servire a vedere se sarà confermato il «sorpasso» di FdI sulla Lega, non soltanto al Centro e al Sud, ma anche nella maggior parte dei territori al Nord. Così come, sempre relativamente al partito di Salvini, sarà interessante isolare il risultato della lista «Prima l'Italia», con cui il partito si è presentato a Palermo, Messina e Taranto, laboratorio, nelle intenzioni del suo leader, per una futura federazione di centrodestra nazionale. Poi sicuramente la coalizione dovrà fare un'analisi dell'esito del voto nelle città dove non si è presentata unita. Tra i casi più eclatanti di divisioni quello di Verona dove Forza Italia sostiene l'ex leghista Flavio Tosi e non il sindaco uscente di FdI, Federico Sboarina, appoggiato anche dalla Lega. E Parma, dove FdI corre da sola con Priamo Bocchi, mentre Lega e FI sostengono l'ex sindaco Pietro Vignali. Tra i capoluoghi di provincia, centrodestra diviso anche a Messina, Catanzaro e Viterbo.

 

 

IL CENTROSINISTRA - L'obiettivo minimo del Pd è quello di conquistare un Comune in più. Ma nelle speranze dem c'è di riportare molti dei Comuni persi nel 2017 - da Monza a Catanzaro - nel perimetro del centrosinistra. Le sensazioni dei big del partito sono positive. C'è la percezione di una ritrovata unità, dentro e fuori il Pd. L'incognita è l'astensionismo che, nelle ultime ore, è tornato a preoccupare lo stato maggiore Pd. Enrico Letta invita tutti a non abbassare la guardia nelle ultime ore e ripropone il tema del voto-spartiacque: «Questo è il grande voto prima delle politiche e non è un caso che l'altra volta perdemmo e poi abbiamo perso le politiche. Le elezioni politiche del prossimo anno saranno elezioni in cui non ci saranno terze soluzioni: o ci saremo noi oppure ci saranno le destre e noi non possiamo permettere che il Paese cada nelle mani di Salvini e Meloni, non possiamo permettercelo». Il timore nello stato maggiore del Pd è chela lunga e forzata convivenza con il centrodestra al governo possa demotivare gli elettori, scoraggiando il voto. In vista delle politiche del 2023, il test delle amministrative assume un peso ancora più rilevante. Un risultato positivo, con almeno un Comune in più strappato al centrodestra, consentirebbe al segretario del Pd di dimostrare che l'alleanza coni 5 Stelle funziona e porta risultati. L'asse con Conte, d'altra parte, è ancora una strada obbligata per Letta, viste anche le recenti uscite dei «dirimpettai» di centro, Calenda e Renzi. Calenda non vuole sentire parlare di Conte e dei suoi, così come non vuol saperne di Giorgia Meloni. E fissa un secondo «paletto» nella scelta imposta a Matteo Renzi: «O il business o la politica», dice. Matteo Renzi, nella partita delle amministrative, ha scelto uno schema a geometrie variabili, con alleanze che vanno dal Pd a FdI, a seconda dei Comuni al voto. A Genova, ad esempio, Renzi sostiene il sindaco uscente, Bucci, assieme a Giorgia Meloni e al resto del centrodestra. I progressisti, al contrario, tirano la volata a Ariel Dello Strologo. A Verona, Italia Viva sostiene Flavio Tosi, ex leghista sostenuto anche da Forza Italia. Difficile, date queste premesse, immaginare un futuro insieme per Letta e i centristi. Avanti con il M5s, dunque, anche se i motivi di frizione non mancano e riguardano in particolare le scelte del governo Draghi: dal termovalorizzatore di Roma all'Ucraina.

 

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