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Il Csm spacca il governo. Salta la commissione, riunione di fuoco tra i partiti sulla riforma della giustizia

Dario Martini
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La maggioranza è ancora in alto mare sulla riforma della giustizia. I partiti non riescono a trovare un accordo sui temi più divisivi, a partire da quelli che riguardano il Consiglio superiore della magistratura. Così la seduta della commissione Giustizia alla Camera di ieri mattina è saltata. Al suo posto si è tenuta una riunione di maggioranza con i capigruppo in commissione e la ministra Cartabia. Ma la distanza da colmare è ancora molta. Si ritenterà domani con un nuovo incontro. Innanzitutto, c'è una questione di metodo. Il Guardasigilli ha chiesto di limitare la discussione alla Camera. L'accordo che uscirà da Montecitorio non dovrà essere modificato al Senato. Ma su questo punto la Cartabia ha dovuto scontrarsi con il rifiuto di Lega e Italia Viva che non intendono fornire questa garanzia. La ministra ha fretta perché la riformava approvata entro maggio al massimo se si vuole eleggere il prossimo Csm, che va al voto tra giugno e luglio, con la nuova legge elettorale.

 

 

I nodi principali da sciogliere sono essenzialmente tre: sorteggio temperato per l'elezione del Csm (richiesto da Forza Italia, Lega e Italia Viva), divieto per i parlamentari di diventare membri laici dello stesso organo di autogoverno della magistratura (cavallo di battaglia del M5s) e responsabilità civile dei magistrati (sostenuta da Azione). Gli emendamenti in questione sono già stati bollati come «incostituzionali» dalla ministra. La Cartabia può contare sull'appoggio del Pd che chiede alle altre forze di governo di non «stravolgere» la riforma. Ma i partiti che hanno presentato gli emendamenti non vogliono saperne di ritirarli. I problemi non finiscono qui. Anche sulla separazione delle funzioni dei magistrati e sulla presunzione d'innocenza c'è stallo. Su quest'ultimo punto è molto duro Enrico Costa, deputato e vicesegretario di Azione: «Il Pd lavora per indebolire la legge sulla presunzione d'innocenza. Il loro emendamento alla riforma del Csm, fa resuscitare il processo mediatico, le conferenze stampa e le interviste ai pm. Se la ministra Cartabia cede, rovina tutto».

 

 

Un primo avvicinamento, invece, pare esserci sulle cosiddette «porte girevoli» tra magistratura e politica, con una stretta sul rientro in servizio delle toghe che si candidano alle elezioni. I magistrati, una volta eletti, non potranno più tornare a fare i giudici, mentre potranno lavorare in altri organismi, come l'Avvocatura di Stato o negli uffici studi degli enti pubblici. Spiragli di accordo si registrano anche su alcuni temi minori: dagli incarichi direttivi al voto degli avvocati nei consigli giudiziari. In virtù di questi timidi passi avanti, la Cartabia ieri mattina è riuscita a condividere con i partiti un «accordo di metodo»: per permettere alla commissione della Camera di procedere all'approvazione della riforma, gli uffici del Ministero inizieranno ad inviare i pareri sui punti su cui c'è convergenza. La commissione Giustizia è stata convocata in una nuova seduta oggi alle 14. Non è escluso che possa essere rinviata nuovamente. I partiti, però, potrebbero anche iniziare a votare sui temi minori non divisivi. Una nuova riunione di maggioranza si terrà comunque domani mattina alle 8.30. Il braccio di ferro è destinato ad andare avanti ancora a lungo.

 

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