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La giustizia spacca il governo, la maggioranza traballa. Valanga di 700 emendamenti

Dario Martini
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Oggi si apre una settimana decisiva per la tenuta del governo. Occhi puntati soprattutto sulla giustizia, con la riforma del Consiglio superiore della magistratura al centro dello scontro politico. Il premier Draghi ha assicurato che non verrà posta la fiducia. Ma non è detto che cambi idea nel caso in cui la maggioranza inizi a traballare. La battaglia si gioca in commissione Giustizia della Camera, dove sono stati presentati 456 subemendamenti alla riforma Cartabia del Csm, che vanno ad aggiungersi alle modifiche al testo originario della riforma Bonafede. In tutto fanno 700 emendamenti. L'ostacolo maggiore sono i circa 150 presentati da Forza Italia, Lega e Coraggio Italia solo sul «pacchetto» Cartabia. I nodi principali da sciogliere sono essenzialmente tre: elezione dei membri togati del Csm, stretta sulle porte girevoli per i magistrati che entrano in politica e separazione delle carriere tra giudici e pm. Il Partito democratico si oppone con forza a modifiche che comportino uno stravolgimento sostanziale della mediazione raggiunta con la riforma Cartabia.

 

 

Ma ci sono anche i 5 stelle che mirano a ripristinare quanto prevedeva il ddl Bonafede sulle piante organiche, la valutazione per gli incarichi direttivi e le componenti della sezione disciplinare. Sempre il M5s chiede una stretta sulle porte girevoli. Invece, per quanto riguarda l'elezione dei componenti del Csm, la riforma attuale prevede un sistema proporzionale che dovrebbe colpire le correnti. Forza Italia propone un «sorteggio temperato» per la scelta dei membri togati. Senza entrare in tecnicismi, si tratta di un sistema basato su collegi plurinominali e con l'applicazione del meccanismo del «miglior terzo». Sul tema è intervenuta l'Anm, secondo cui il sistema elettorale per la scelta dei togati del Csm «oltre a non risolvere il problema del condizionamento delle correnti, rischia di aggravare la situazione emersa con l'applicazione di quello attualmente in vigore, marginalizzando la possibilità di essere eletti in Consiglio per candidati indipendenti o di gruppi minori».

 

 

Poi c'è la separazione delle carriere. Per il Pd le regole inserite nella riforma sono fin troppo rigide. Il centrodestra è di avviso contrario. FI propone che i magistrati non eletti, ma nominati per ruoli politici come quelli di ministro, sottosegretario o assessore, non debbano rientrare in magistratura. Intanto, sullo sfondo si stagliano i cinque referendum sulla giustizia su cui si voterà entro il 15 giugno. Se la riforma Cartabia tarderà ad andare in porto, alcuni aspetti, come la separazione delle carriere, saranno decisi dai cittadini.

 

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