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Il presidenzialismo fa paura. E la sinistra rinvia la discussione

M5S, Pd e LeU in commissione bloccano il testo della riforma presentato da FdI

Francesco Storace
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Se il tema può ricompattare il centrodestra, meglio levarlo di torno. Cinque stelle e Pd – con Leu al seguito – non ne vogliono sapere di discutere di presidenzialismo a Montecitorio e faranno di tutto per impedire un approdo positivo della legge di riforma costituzionale proposta da Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni prima firmataria. L’elezione diretta del Capo dello Stato potrebbe diventare realtà con le quattro letture previste dalla Costituzione, ma chi è abituato a vincere con i giochini parlamentari non essendo in grado di vincere le elezioni non ci sta a cedere lo scettro al popolo. E quindi quella che doveva essere la data del 28 febbraio per la discussione della legge con relatore Emanuele Prisco (che è deputato di Fdi) è stata spostata di almeno quindici giorni. Senza alcun passo in avanti in commissione.

 

La proposta, che tende ad introdurre il semipresidenzialismo alla francese, quindi con poteri di governo del Capo dello Stato, è stata discussa in commissione addirittura a marzo 2020. Poi, dopo che la capigruppo di Montecitorio l’ha messa all’ordine del giorno dell’aula su iniziativa del partito della Meloni, il presidente Brescia (Cinque stelle) ha convocato la prima commissione il 15 febbraio per decidere che bisogna svolgere un ufficio di presidenza sull’iter. E proprio Prisco aveva chiesto in quella sede di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti.

 

La settimana successiva, martedì scorso, la commissione è stata nuovamente riunita con il brillante mandato a dover fissare ulteriori sedute con la discussione di emendamenti. L’auspicio è che non si tratti dei soliti giochini di Palazzo. Sbaglierebbero i conti i nemici di una riforma presidenzialista, che ormai è matura anche negli orientamenti della pubblica opinione, come testimoniano i più diversi sondaggi. Si tratta di prendere atto della volontà di uscire dalle solite secche partitocratiche e lasciar decidere ai cittadini il nome del Capo dello Stato. Soprattutto dopo quanto è successo nelle votazioni per la riconferma di Sergio Mattarella, che hanno registrato troppe esitazioni tra i partiti. L’elezione diretta diventa la modalità adatta per rendere protagonista il popolo italiano, che del resto già sceglie sindaci e governatori.

 

La proposta di Fdi rafforzerebbe quel principio di democrazia decidente di cui si parla da decenni, ma finora senza esito. Ma di fronte alla seconda rielezione del Capo dello Stato – Mattarella dopo Napolitano – sarebbe davvero sbagliato ignorare la necessità di cambiare registro.

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