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L'allarme dei comuni parte da Antonio Decaro: "Rischiamo davvero di spegnere le città. Addio risorse già da maggio"

Carlo Solimene
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I Comuni spengono le luci per un'ora. Per ora solo un gesto simbolico. Ma che rischia di diventare realtà sedal governo non arriveranno aiuti per contrastare il caro bollette. È l'allarme lanciato dal presidente nazionale dell'Anci Antonio Decaro. «L'anno scorso a Bari avevamo esaurito già a settembre i fondi per le spese energetiche. E non c'erano ancora i rincari. Quest'anno, con la situazione attuale, rischiamo di dover "spegnere" tutto già a maggio». Non usa giri di parole il sindaco del capoluogo pugliese per descrivere come l'impennata dei costi dell'energia rischi di mettere in ginocchio i Comuni. Così ieri sera, a partire dalle 20, moltissimi enti locali hanno spento l'illuminazione in alcuni luoghi simbolici. Un'iniziativa di protesta cui ha aderito anche Roma, con il sindaco Gualtieri che ha lasciato al buio il Campidoglio.

Presidente Decaro, cosa sperate di ottenere con questa iniziativa?
«È un gesto simbolico, non una protesta, perché siamo consapevoli dei problemi nel bilancio dello Stato. Ma vorremmo far capire che, come esiste un problema per le famiglie e per le imprese, ce n'è anche uno - molto grande - per gli enti locali».

 

 

Ecco: quanto grande?
«Il costo dell'energia in un anno per i Comuni italiani oscilla tra 1,6 e 1,8 miliardi. Mi riferisco solo alla "materia prima" e non anche alle altre voci della bolletta. Ebbene, la stima che abbiamo fatto è che quest'anno il surplus dovrebbe attestarsi sui 550 milioni. Dieci anni fa, quando lo Stato centrale ci tagliò trasferimenti per 540 milioni, abbiamo promosso una protesta. Oggi siamo nelle stesse condizioni».

La vostra stima si basava sui dati di qualche settimana fa. Ora, però, il commissario Ue agli Affari economici Gentiloni ha detto che i prezzi resteranno alti molto più a lungo del previsto.
«Sì, la stima si basava su alcune interlocuzioni col governo in cui ci era stato detto che gli aumenti sarebbero stati di circa il 30% e sarebbero durati tre mesi. Ora abbiamo verificato come in realtà siano molto più corposi - intorno al 50% per l'energia elettrica e al 40 per il gas - e dureranno di più. È chiaro che di fronte a queste stime il "buco" rischia di essere molto superiore. Per farle capire: a Bari nel 2021 avevamo in bilancio 7,2 miliardi per le spese energetiche. A settembre li avevamo esauriti e per continuare a illuminare le strade e a riscaldare le scuole abbiamo dovuto fare delle variazioni di bilancio. Che quest'anno rischiamo di dover fare già a maggio. E certe scelte non sono mai indolori».

Cioè?
«Cioè si tagliano altre spese. Si taglia la manutenzione stradale, si riducono i trasporti, si depotenzia la raccolta dei rifiuti. Altro modo non c'è».

Cosa chiedete al governo?
«Per adesso ci servono 550 milioni tra i soldi che ci sono nel decreto già licenziato e quello che arriverà a breve. Il punto è che non è facile stabilire quanto ci è arrivato con il primo intervento, perché si sono ridotte una serie di voci "accessorie" della bolletta non facili da quantificare. E poi il problema del caro energia è solo uno di quelli che ci troviamo ad affrontare dal punto di vista economico».

Può fare alcuni esempi?
«Solo nel 2022 spenderemo circa 600 milioni di euro in più per gli stipendi dei dipendenti. Frutto di un accordo tra il governo e i sindacati. Una scelta sacrosanta, ma alla fine i soldi dobbiamo metterceli noi. Ho incontrato un ministro - di cui non farò il nome - che mi ha detto: "Non siete contenti? Abbiamo aumentato gli stipendi ai dipendenti". L'ho corretto: "Noi li abbiamo aumentati"».

 

 

E poi c'è la crisi economica per il Covid.
«Esatto. E quest' nno il governo non ci ha dato alcuna compensazione per i mancati introiti fiscali. Nel 2020 sono arrivati 7 miliardi, l'anno scorso 4, nel 2022 niente. Lo so che i negozi hanno riaperto e via dicendo, ma le entrate fiscali non sono certo quelle del periodo pre-pandemia».

Dei Comuni però si parla spesso male. Si dice che non siete in grado di «mettere a terra» i progetti del Pnrr.
«Facciamo chiarezza. C'era bisogno di assumere personale per realizzare per tempo gli studi di fattibilità. Il governo ha tolto i vincoli alle assunzioni, è vero. Ma i soldi da spendere sono sempre i nostri. E, con il caro bollette, torna il solito discorso: dove li prendiamo? Un capitolo a parte meritano le procedure».

Quelle sono state semplificate.
«È vero, ma non a sufficienza. Con le norme attuali non saremo in grado di spendere tutti i soldi entro il 2026. E, aggiungo, sono semplificati solo i progetti del Pnrr che riguardano obiettivi ben precisi e limitati. Ma in un Comune ci sono tante altre spese, altre opere da realizzare extra-Pnrr per cui l'iter resta lungo e farraginoso».

A proposito di Pnrr, un suo associato, il sindaco di Milano Giuseppe Sala, si è lamentato perché i progetti sarebbero finalizzati tutti al «Sud Sud Sud».
«Sala ha già chiarito meglio il suo pensiero. Di mio aggiungo che l'obiettivo di quei fondi è recuperare dei gap. Non solo tra Sud e Nord ma anche tra Comuni piccoli e grandi e via dicendo. Èvero che al Mezzogiorno va il 40% delle risorse. Ma se avessimo applicato in Italia lo stesso criterio adottato dall'Europa nel redistribuire quei fondi ai vari Stati membri, probabilmente al Sud sarebbe andato il 60% e non il 40».

 

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