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Sergio Mattarella s'è rotto gli scatoloni: il presidente ha già cominciato il trasloco dal Quirinale

Pietro De Leo
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C'è un romanzo, nel romanzo Quirinale. Ed è il racconto sulle ultime settimane del settennato di Sergio Mattarella. Un rovello che avvolge il mondo politico già dal rientro delle vacanze estive, ed è fatto non tanto di ragionamenti sui massimi sistemi, ma da piccoli -grandi gesti tutti calati nel quotidiano. In principio fu la ricerca della nuova casa a Roma, con l'emozione dei presunti futuri vicini d'appartamento trasalenti nell'emozione di vedersi piombare nel palazzo il Capo dello Stato, alla ricerca di una dimora, inquilino con la minuscola, dopo anni da Inquilino, con la maiuscola. Poi c'è stato il coro di «bis» alla prima della Scala a Milano. E poi le ripetute sue esternazioni che indirettamente irradiavano l'indisponibilità ad accettare un secondo mandato. Gettando nel panico il Pd, che dietro lo schermo di una richiesta corale confidava in un altro giro di una figura che, non è un mistero, appartiene al suo album di famiglia. Ieri, poi, nuova ovazione, al Teatro del Maggio di Firenze, e nuova richiesta di «bis». Di mezzo, sempre alla voce dell'epica immobiliare, c'è il giallo degli scatoloni.

 

 

Il Corriere della Sera scrive che sarebbe già in corso il trasloco di alcuni imballi, con i suoi effetti personali, a Palazzo Giustiniani, il luogo che accoglie gli ex Presidenti della Repubblica nel successivo ruolo di senatori a vita. Poi, però, correzione di rotta. Gli scatoloni ancora non hanno attraversato le stradine che dal Quirinale scendono sino al plesso del Senato, perché in realtà non è ancora stato comunicato quale sarà l'ufficio che accoglierà Sergio Mattarella dopo la fine del mandato al Quirinale. Ed ecco che questo piccolo giallo logistico si incastona nel turbillon di queste settimane concitate. Tra inni alla «continuità» che provengono dalle cancellerie e da alcuni giornali stranieri relativamente al ruolo di Draghi a Palazzo Chigi, la difficoltà di spostare pedine in un momento così difficile per il Paese e, soprattutto, le difficoltà interne dei partiti, fiaccati da due anni di stravolgimento del quadro politico, difficoltà nel riorientamenti le proposte, spirito di sopravvivenza di quanti, con il taglio dei parlamentari già in vigore con la prossima tornata elettorale, temono le elezioni anticipate. E dunque, almeno per adesso, formalmente i vertici con il tema Colle vengono rinviati a gennaio (ma ovvio se ne parla e se ne parlerà anche in questi giorni).

 

 

E a far da cornice a tutto, qualche auspicio di editorialisti, qualche vento di conciliabolo che rilancia, pur sommessamente, l'eventualità che, in fondo, il secondo mandato non sia poi mera fantasia. Dunque, ecco che nel disorientamento generale, in uno scenario stretto tra il rebus dei numeri di Berlusconi e le intenzioni di Draghi, ogni refolo diventi tempesta. Dai cori a teatro sino al movimento degli scatoloni. Quando infine, considerando la ben poca gradevolezza che, almeno a quanto trapelato in questi anni, dimostrata da Mattarella ad esser tirato la giacchetta, la probabilità più corposa è che gli scatoloni se li sia rotti. E sul serio.

 

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